Nove buoni motivi per provare un progetto impossibile

Quando si tratta di passare una giornata ad arrampicare ci sono fondamentalmente due modi di approcciarsi alla parte “sportiva”: o con una mentalità “take it easy” in cui la priorità è scalare più boulder possibili e divertirsi, oppure con l’approccio “warrior” per cui, terminato il riscaldamento, ci si butta su un mega progetto estremo, tentando di chiuderne almeno i singoli.

 

 

In mezzo a queste due possibilità ci sono ovviamente infinite varianti e compromessi in modo da tornare tutti a casa a fine giornata stanchi e soddisfatti. Nello specifico di questo post ci interessava però il secondo “mood”, quello della sfida impossibile: se è vero che molto spesso finiamo per buttare vie le nostre giornate provando qualcosa che probabilmente non faremo mai, ossia privandoci della possibilità di salire qualcosa di più abbordabile, dall’altra parte ci stiamo giocando quella infinitesima possibilità di riuscire nella prestazione “del dìa”.

 

 

Ultimamente ha fatto notizia il post dell’arrampicatrice francese Nolwen Berthier che ha salito il suo primo 9a+, Super Crackinette, saltando tra l’altro quell’irrilevante step intermedio di chiudere nel frattempo almeno una via di 9a. Il suo mega progetto è durato circa un anno, neanche troppo considerato che per lei rappresentava inizialmente una via ben oltre il limite, che non si arrampica tutti i giorni in una falesia come St Leger e che molti climber fortissimi hanno passato lunghi anni combattendo per raggiungere la catena “desiderata”.

 

 

Per non parlare di Seb Bouin e del suo storico assedio a DNA, via per la quale ha proposto il grado di 9c. Ecco quindi gli insegnamenti che abbiamo tratto da questa vicenda e che vogliamo condividere con voi.

 

 

Yente Van Eynde from Unsplash

 

 

Sai sempre dove andare

 

Stop ai venerdì sera passati a consultare l'ormai logora guida della falesia di zona, studiandone aree, settori, falesie e vie. A meno che non ci sia qualche più che valido motivo per cambiare zona, saprai sempre dove passerai il weekend con un'impressionante dovizia di particolari anche a proposito di orari migliori per trovare parcheggio e vie più indicate per il riscaldamento.

 

 

Ti ingegnerai per trovare soluzioni alternative

 

Per salire con leggiadria il suo primo 9a+, l'arrampicatrice francese ha raccontato a Climbing.com di aver provato varie volte la via zavorrata di un apposito gilet con i pesi. Se "l'hypergravitational" rappresenta una tipologia di allenamento molto consolidato al trave e talvolta anche al MoonBoard, non avevamo ancora visto nessuno utilizzare questo sistema per provare una via in falesia. Ma arrampicare al limite ci può portare a sperimentare, trovare soluzioni alternative e provare ciò che nessuno ha ancora osato fare, anche in termini di allenamento super specifico.

 

 

Sperimenterai movimenti fuori dalla zona di comfort

 

Se pensiamo ad un boulder molto duro, ci rendiamo immediatamente conto di come siamo più portati a studiarci movimenti più ricercati, a cercare la nostra “methode” per ovviare a quella mancanza di forza / tecnica che ci tiene ancora (o potremmo dire per ora) lontani da dominare quel tipo di grado o difficoltà. E magari con un tallonaggio magico riusciamo a rimanere molto più vicini alla parete e ad arrivare al passaggio successivo anche senza la chiusura di braccio robotica che ci permetterebbe un movimento frontale.

 

 

Gregory hayes from Unsplash

Gregory Hayes from Unsplash

 

 

Proverai la gioia della sfida

 

Parliamo di questioni esistenziali e del perché siamo tutti portati per natura a provare qualcosa difficile per noi: è la gioia della sfida, la soddisfazione nel vedere che forse possiamo farcela (a volte più grande di quando poi lo chiudiamo veramente), il motore che fa tenere sempre alta la motivazione anno dopo anno. Ed è ovviamente super divertente.

 

 

Farai un ottimo esercizio di memorizzazione

 

Quando hai margine, puoi permetterti anche di sbagliare tutto, di andare con la destra dove andresti di sinistra, perché comunque hai il totale e incondizionato controllo della situazione. Anzi, ne hai talmente il controllo che spesso neanche ti preoccupi di memorizzare le prese della via o del boulder prima di salire, tanto in qualche modo ti “arrabatti”. Quando invece non abbiamo il margine per permetterci il minimo errore o la minima incertezza, siamo costretti a fare anche un ottimo esercizio di memorizzazione e contemporaneamente lettura delle prese. Esercizio che ci fa sempre infinitamente bene.

 

 

Avrai sempre un progetto long term da tornare a provare

 

Avere un progetto a lungo termine, parallelamente ad altri più raggiungibili, ci dà la spinta necessaria per sostenere mentalmente anche mesi e mesi allenamento e programmazione, ottenendo benefici che vanno al di là della salita del singolo progetto. Se ti sei perso la nostra chiacchierata con lo psicologo Guido D’Acuti a proposito degli obiettivi SMART, ti consigliamo di dargli una lettura a questo link.

 

 

Hu Chen from Unsplash

 

 

Tanta soddisfazione a fine giornata

 

Quando ci mettiamo in testa di scornarci tutto il giorno con il progetto che “ci respinge”, già sappiamo che abbiamo un’ottima probabilità di tornare a casa a mani vuote, ma incredibilmente soddisfatti.

 

 

Foto da guerriero

 

È vero che le foto sulle vie "non ancora chiuse" sono eticamente "non pubblicabili" ma, come avevamo visto anche in un nostro post su "arrampicata e social", ora va anche molto di moda raccontare "il processo" di assedio al nostro progetto, sottolineandone difficoltà e progressi. Saremo sempre incredibilmente fieri della nostra "faccia della fatica" mentre proviamo qualcosa di estremo, e ci sentiremo anche immediatamente più forti!

 

 

Hai sempre quel margine di probabilità di un miracolo

 

Va bene la soddisfazione per aver provato qualcosa di sfiancante, va bene che non ti sei stressato per trovare la falesia giusta nel posto giusto, ma vuoi mettere se per caso arrivi alla catena?!