Evoluzione dell'arrampicata, social e la prova video!

In origine valeva la parola di climber. Quando tutto ciò che si poteva ritenere l’anteprima dei social si chiamava Myspace e gli arrampicatori a tutto pensavano meno che a loggare le proprie salite su una piattaforma, le grandi imprese degli arrampicatori erano per lo più narrate. Molte storie di imprese miracolose, avvenute, non avvenute o messe in discussione hanno da sempre animato le giornate degli arrampicatori: ma la strada verso la “prova video” ha reso forse anche un po’ meno poetico questo lato mitologico dell’arrampicata.

 

 

Jeff Ochoa from Unsplas

 

 

9 – Il mito

 

Al di là delle prestazioni di indubbio valore storico e mondiale, quasi tutte le più storiche falesie ed aree boulder italiane hanno inizialmente vissuto di leggende (alcune vere, ci mancherebbe) tramandate di arrampicatore in arrampicatore su prime salite effettuate nell’oscurità e senza paratori, vie liberate a fine giornata quando tutti erano ormai andata a casa, narrazioni a volte verosimili ed altre volte con interessanti ricami. Il fascino di alcuni posti storici come ad esempio Fontainebleau sta anche nella mitologia di alcuni racconti legati alle prime visite di climber avveniristici, alcuni dei quali si dice che si aggirino ancora adesso tra i circuiti che hanno reso celebre quest’area.

 

 

8- Il topò su carta

 

Antesignano della guida stampata, raro cimelio -spesso esistente in una copia unica- che poteva essere consultato nel bar di ritrovo prima della falesia, era “il Documento” dove venivano registrate le prime salite, nome dell’apritore e grado proposto. Fogli che volavano a fine guida, asterischi che rimandavano a connessioni tra linee preesistenti e macchie di caffè dove venivano indicate le prese di partenza dei boulder erano parte della magia dei topò non ufficialmente stampati come guida. Per molti anni hanno rappresentato l’unico strumento per mettere la propria firma sotto ad una First Ascent.

 

 

Mark McGregor from Unsplash

 

 

7 – La salita con testimoni

 

Tutti sappiamo che la storia dell’arrampicata è costellata da dibattiti circa ipotetiche salite avvenute alla sola presenza di un assicuratore (fidanzato/a, padre/ madre/ sorella) ritenuto un po’ troppo di parte. Mai si trovò soluzione a queste diatribe che ancora oggi dividono i “l’ha fatto veramente” contro i “non l’ha fatto neanche da lontano” con la stessa ostilità che correva tra Montecchi e Capuleti. Grazie al cielo arrivò la tecnologia e la prima documentazione con immagini.

 

 

6 – Arrivano i blog e l’etica di non pubblicare una foto di un boulder/via che non hai salito

 

Le notizie che già da qualche anno riempiono le pagine di magazine e riviste di settore iniziano a diventare contenuti per Internet: nascono i primi blog, molto spesso spazi personali dove raccontare le proprie vicissitudini verticali. Le foto vengono fatte di rado, in rare e speciali occasioni: la complicatezza del tutto è far coincidere quella volta che ti ricordi di portare la macchina fotografica, e soprattutto di scattare delle foto, con l’unico passaggio che, ad esempio, sei riuscito a chiudere nella vacanza. È fatto divieto assoluto di: riprodursi su passaggi/vie che non si è riusciti a salire, se non specificando in didascalia: “Eccomi MENTRE PROVO il super progetto”. E giurato che hai sempre le foto delle vie che hai solo provato, e mai una foto delle vie che hai salito.

 

 

 

 

5-Il problema delle immagini

 

Fino a qualche anno fa, l’annunciazione di un passaggio salito veniva quindi corroborata da un’immagine particolarmente eloquente del boulder o della via in questione. Ma specialmente i boulder arrecavano non sé non poche problematiche legate all’eticità della salita, sia legate al fatto che a volte i passaggi possano essere un po’ “semplificati” (magari non usando le prese di partenza originali) o magari legate a delle parate un po’ troppo premurose. Si necessitava di qualcosa in più.

 

 

4- L’era video. Ma non basta

 

Immaginiamo di essere pazzamente motivati a partire armati di cavalletto, fotocamera reflex, pannello per la luce, carrellino per fare le immagini traslate. Siamo talmente presi bene che in questa giornata in outdoor riusciamo anche a chiudere un bel boulder, e vogliamo farlo vedere nei dettagli. La presa rovescia per la sinistra, l’aggancio di punta, la mia faccia concentratissima verso la presa della salvezza. Facciamo riprese da varie angolazioni, e poi lo montiamo. E mi nasce un nuovo problema: un video montato può essere stato girato anche se non hai concatenato tutti i movimenti. Il dubbio del climber si insinua di nuovo.

 

 

 

 

3- Il video dei tentativi + il miracolo finale

 

Ci danno una buona ispirazione i video delle vie più dure di arrampicata sportiva che ci mostrano prima tutto il processo di acquisizione dei vari passaggi della via, con dettagli molto precisi sulle sezioni, e poi solo in ultimo il video completo della via. Che anche se non è completo al cento per cento per ovvie necessità registiche (soprattutto sui cosiddetti “viaggioni da 40 metri), si capisce che è parte di una ripresa unica. Da qui nasce il nuovo trend, che funziona molto soprattutto nei boulder di mostrare un’intro con ventiquattro cadute e primi piani di appoggi, arcuate e tallonaggi, seguita dalla “sending” finale.

 

 

2- The process

 

L’esplosione dell’era social ha portato alla luce il problema dei “contenuti” frequenti: una scommessa per chi fa il content creator, una risorsa per gli arrampicatori che non possono chiaramente postare un video al giorno di una mega performance. Passiamo così dallo scoprire dall’oggi al domani della prima super ripetizione della tale via, al seguire mese per mese gli “assedi” sui grandi progetti: si crea anche una sorta di “attesa” che tiene “incollati agli schermi”. Nasce così la nuova ondata dei video sui “grandi progetti”, che spiegano passo passo e giorno per giorno come si possa arrivare a chiudere una via al limite, quali allenamenti vengono fatti in maniera mirata e quindi tutto il processo che sta dietro ad una grande via. Un bel modo per far passare il messaggio che nessun grande risultato arriva senza sforzi e dedizione.

 

 

Fionn Claydon from Unsplash

 

 

1-  L’uncut

 

Conseguenza ovvia del postare molti video con i migliori tentativi sulla via è il video del “tentativo finale”, quello giusto, “la prova del nove” dell’avvenuta salita. Video che non viene né tagliato né montato a scanso di dubbi, equivoci e maldicenze.