Siamo in falesia, ancora una volta sotto le pareti della Quattro Gatti di Tonezza, oggi in compagnia di due alpinisti che abbiamo già conosciuto nell’articolo sullo Scudo dell’Agner. Loro sono Marco Toldo e Diego Dellai, autori della guida Val d’Astico Verticale (Editore Idea Montagna), dove sono raccolte tra le più belle, particolari, affascinanti e interessanti vie, classiche e moderne, di Cengio, Cimoncello, Bostel, Obergrubele, Altar Knotto, Campolongo, Scoglio di Mezzogiorno, Costa del Vento, Riofreddo, Tormeno, Spitz di Tonezza.
Siamo in falesia perché è questo il luogo dove abbiamo programmato l’incontro. Con questi ragazzi non si discute: l’intervista si fa in montagna, nonostante dal dolce tepore della pianura uno sguardo affranto prima si volgeva verso le cime rabbuiate da un cielo grigio e una probabile tempesta. Lungo la strada ci ha sorpreso anche un acquazzone, ma abbiamo proseguito. Per fortuna, dato che qui abbiamo trovato ad accoglierci Marco, Diego e un sole brillante circondato dal cielo azzurro.
La montagna è così da sempre: le piace sorprenderci.
Cosa vi lega così tanto al territorio della Val d’Astico e di questo altopiano?
Diego: ci sono nato e qui ho iniziato a scalare. Sviluppare l’arrampicata e dare la possibilità ad altre persone di provare quel che io ho vissuto è anche un modo per ringraziare della fortuna che ho avuto e le persone che ho conosciuto, le quali mi hanno introdotto in questo mondo.
Marco: per me tutto è iniziato dalla falesia della Val Torra, dove sono cresciuto e ho chiodato parecchi tiri. È stato questo posto a riportarmi qui, dopo essere stato lontano per cinque anni. Quando sono tornato ho ritrovato le vecchie amicizie, che si sono consolidate e che mi fanno pensare di essere fortunato a vivere qui, dove spesso puoi partire da casa con l’imbrago!
Siete stati i primi a scrivere una guida della Val d’Astico?
Diego: no, le precedenti guide sono una del 1985 e una del 2001. La prima era più esplorativa e raccoglieva tutte le vie esistenti. Quella di Mario Schiro, la seconda, ha aggiunto molte vie, principalmente grazie al Gruppo Roccia Quattro Gatti, che negli anni ’90, con l’ingresso di nuovi membri, aveva iniziato ad aprire e pulire parecchie vie nella valle.
Cos’ha in più delle precedenti la vostra guida?
Marco: è più attuale. La precedente è nata con la concezione dei gradi ancora in artificiale. Ad esempio la difficoltà massima nella guida di Mario Schiro era il settimo grado, oltre era solo arrampicata in artificiale. Noi abbiamo costruito la nostra guida innanzitutto provando a liberare tutte le vie, chiodandone in altri stili, ad esempio con pochissimi chiodi e con l’utilizzo di protezioni veloci, a cui in Val d’Astico non si era abituati. Possiamo dire che le guide precedenti ci hanno avvantaggiato, ci hanno aperto la strada.
Nella guida è presente una selezione di vie: su quali basi, con quali parametri le avete scelte?
Diego: nella guida abbiamo inserito le vie in base alla loro bellezza, riservando spazio sia alle vie dure sia a quelle semplici, perché questo libro dev’essere per tutti. Inoltre abbiamo compreso vie di più stili: da proteggere, a chiodi e a spit.
Cosa intendete per bellezza?
Diego: il piacere dell’arrampicata, la qualità della roccia, l’ambientazione e, per quanto riguarda alcune vie, il valore storico.
Marco: e il nostro gusto! Una guida rispecchia sempre i propri autori. Ma abbiamo cercato comunque di fare una selezione che possa interessare alla maggior parte delle persone.
Diego: il nostro obiettivo è che un arrampicatore da fuori, e che per raggiungere la valle deve fare un lungo viaggio, con la nostra guida possa scegliere una via a caso ed essere felice di averla intrapresa.
Marco: vogliamo che le persone da fuori siano felici di tornare in Val d’Astico e che chi ci abita sia orgoglioso di quello che il nostro territorio offre.
Avete parlato di valore storico: fateci qualche nome.
Entrambi: la Sanson in Cimoncello, la via degli Eroi in Cengio e altre vie le cui ultime ripetizioni risalivano addirittura agli anni ’90, che sono state sistemate e affrontate da un punto di vista diverso. Una volta magari erano di sesto A1 artificiale e oggi, ripulite e sistemate, sono vie davvero belle e difficili.
Avete sistemato ma anche chiodato molte vie presenti nella guida, giusto?
Entrambi: sì.
Qual è la vostra preferita?
Marco: io sono affezionato alla via delle Anguane sullo Scoglio di Mezzogiorno, forse perché ci abito sotto, perché rappresenta la storia del mio piccolo paese, San Pietro, e perché sistemandola ci siamo resi conto che a salirla gli apritori hanno fatto una magia, per logica e difficoltà.
Diego: sicuramente qualche via storica del Cimoncello che ho risistemato, chiedendomi come mai nessuno da tempo le avesse più salite e considerate. Sono davvero capolavori di chiodatura e intuito, anche per l’epoca. Una via, che abbiamo chiodato io e Marco in circa due anni e che mi piace molto, è Vacanze Partigiane in Cimoncello, perché era da tempo che guardavamo quella parete, di cui una fascia (quella dove è nata questa via) era ancora vuota.
Cosa vi ha ispirati a scrivere la guida Val d’Astico Verticale?
Marco: l’idea è venuta a lui un bel po’ di tempo fa.
Diego: era il 2014. Ci tenevo a scriverla. Ho proposto il progetto a Marco perché sapevo che era la persona giusta, un amico e compagno di cordata con i miei stessi valori e con un forte attaccamento a questo territorio. L’ho iniziata dopo essermi lussato una spalla: avevo tempo e allora ho riordinato le schede delle vie del Cengio che poi sono rimaste nel cassetto. Nel 2018 l’abbiamo riaperto e abbiamo iniziato a scrivere questa guida, che rispetto alla precedente seleziona vie in una quantità quasi raddoppiata dopo vent'anni.
La vostra parete preferita della valle?
Marco: per me Campolongo, perché è una parete che ho atteso per tanto tempo di arrampicare e perché è severa, affascinante e rispecchia ciò di cui noi andiamo in cerca quando scaliamo nelle Dolomiti.
Quali aspetti della scalata in Val d’Astico avete approfondito per ispirarvi in Dolomiti?
Marco: la Val d’Astico ti fa crescere. Anche se le vie non sono lunghe come quelle in Dolomiti, gli accessi sono spesso complicati e la roccia non è delle migliori, ed è per questo motivo che se si impara a scalare bene qui, è possibile provare molte pareti in altri luoghi. Quando un arrampicatore approfondisce l’arrampicata in Val d’Astico, acquisisce un ottimo bagaglio di esperienza e conoscenze, e si trova di fronte a un buon insegnamento.
Diego: sì, condivido. È stato un nostro campo di prova. Ad esempio, se sei capace di salire il Campolongo, allora puoi affrontare anche il Civetta: basta avere più tempo! (ride)
Sappiamo che in Val d’Astico è presente anche una recente ferrata.
Marco: sì, ho lavorato anch’io per realizzare la Ferrata Anelli delle Anguane sullo Scoglio di Mezzogiorno. Il progetto è nato dal volere di una persona che, per fare un regalo al proprio paese, ha deciso di costruire una ferrata. È un esempio di come un’opera che non ha bisogno di infrastrutture, cemento e che non crea inquinamento (abbiamo semplicemente attrezzato una parete) ha dato luce a un piccolo paese e a un territorio.
Perché avete deciso di scrivere questa guida insieme?
Diego: È stato un modo per esprimerci. E per poterla scrivere, gli autori devono pensarla allo stesso modo.
Marco: conosciamo molto bene il territorio e scaliamo insieme da parecchio tempo. Diciamo che era scontato fare insieme questo lavoro.
Quando la guida vi è arrivata tra le mani, cosa avete fatto o pensato?
Marco: l’ho annusata per sentire l’odore della carta appena stampata.
Diego: l’ho accarezzata e poi il primo pensiero è andato all’impaginazione. Avevamo paura potessero esserci errori.
Marco: per due settimane non ho voluto aprirla, ho atteso che l’adrenalina diminuisse. Poi l’ho sfogliata ed ero felice. Ancora oggi la rileggo e sono soddisfatto ogni giorno di più.
Diego: sono guida alpina e una mattina ho dovuto scegliere una via da intraprendere, quindi ho aperto la nostra guida. Quando l’ho fatto, mi sono sentito orgoglioso del nostro lavoro.
Se vi immaginaste tra 20 o 30 anni, cosa raccontereste alle future generazioni?
Diego: che abbiamo sperimentato, scoperto e arrampicato nuove vie, vissuto momenti che probabilmente tra 20 o 30 anni i nuovi arrampicatori proveranno in paesi esteri e inesplorati, dove ancora non è sviluppata l’arrampicata. Ma soprattutto alle future generazioni parlerei della loro fortuna ad avere questo territorio e poter provare le bellezze che ci regala.
Marco: abbiamo la fortuna di vivere da privilegiati in questo momento storico, perché ci hanno passato il testimone grandi alpinisti locali, che hanno affrontato la scalata nel loro stile. Oggi molto è cambiato e noi ci siamo ritrovati ad affrontare e aprire vie dal nostro punto di vista e con uno stile nuovo. Se ora avessimo di fronte pareti vergini, sono convinto che faremmo quello che abbiamo fatto. A volte basta andare oltre, avventurarsi in pareti che magari non sono mai state più di tanto considerate: spesso è proprio lì che si fanno grandi scoperte. Noi l'abbiamo fatto e raccontato in questa guida.
È sorprendente quello che la montagna riesce a regalarci, a ispirarci: legge l’anima e ci fa scoprire aspetti di noi stessi che non conosciamo. Grazie ragazzi!
Cala il sole. Il cielo dapprima rosseggiante si fa buio, accendiamo qualche frontale e scambiamo ancora due parole, prima di salutarci. Un ultimo sguardo alla luna e poi tutti a casa.
Le parole dette e ascoltate ad alta quota, chissà perché, ci lasciano sempre qualcosa nel cuore: forse è merito della profondità dei discorsi, o dell’entusiasmo di chi racconta, oppure di quella luce riflessa sulla roccia, del cielo e degli alberi che ci circondano, di qualunque alba o tramonto che qui sono sempre più spettacolari che altrove.