Cinque pessimi inizi di giornata per un arrampicatore

L’arrampicata è uno sport che richiede estrema organizzazione: non puoi ritrovarti in falesia senza una parte di attrezzatura come scarpette od assicuratore, perché questo vorrebbe semplicemente dire “tornare a casa”. Ragion per cui i climber preparano zaino ed attrezzatura la sera prima, con cura meticolosa, alcuni addirittura con una check-list di routine: nulla può fermare l’arrampicatore che ha atteso per cinque lunghissimi giorni l’arrivo di un fine settimana di sole.

 

 

Il sabato mattina si alza, ottimista per sua indole propria, convinto che sarà un weekend di gioie e benessere. Ma qualcosa che non può prevedere può mutare in lui l’umore nel giro di un nanosecondo.

 

 

La pioggia notturna

 

Ieri sera il cielo era sereno. Ora è sereno. Ma tutto parla molto chiaro: i tetti, le macchine, l’asfalto. L’inevitabile è accaduto e deve aver piovuto nella notte. Probabilmente un acquazzone di passaggio, così tipico nelle notti delle estati più umide, ci regala ora un’aria così fresca e perfetta che ci fa capire una sola cosa: la via sarà bagnata. Si tenta lo stesso un giro alla falesia, in genere con un’espressione truce in volto, armandosi di fazzoletti e triplo pack di magnesite. Ma l’umore non sarà più lo stesso.

 

 

L'infortunio a colazione

 

Molto spesso, nonostante si chiuda un occhio durante la settimana, l’arrampicatore si prepara alla giornata di arrampicata con una colazione nutriente e sana. Magari con una composta di frutta bio spalmata su pane di farina di segale macinata a pietra dalla tipica crosta croccantina. Ed è qui, nel taglio del pane, che l’arrampicatore affronta uno dei rischi più grandi della sua giornata: è successo a tutti, anche ad Alex Puccio, di incombere nel più banale, ed irritante, degli infortuni. Il taglio su un polpastrello.

 

 

Il caffè mancato

 

I tuoi amici ti hanno suggerito di tornare in un posto dove sei stato anni fa, e parti pieno di entusiasmo e motivazione. Ma la sveglia suona presto, troppo presto (per evitare l’avvicinamento sotto il sole, per andare incontro alla migliore esposizione del mattino e tanti altri motivi) e hai bisogno di un caffè doppio per arrivare lucido all’attacco del sentiero. Superi, anche con un po’ di stizza, il solito bar affollato vicino casa, certo di ricordare che ce ne fossero molti altri salendo su per la valle, che senza dubbio possono servirti qualche crostata fatta in casa insieme al caffè bollente. Ma il primo vago ricordo di un bar si rivela essere una trattoria che apre al pubblico alle ore 12.00 circa. Poi c'è il bar di paese che ha chiuso. "Ci sarà ancora qualcosa andando su... ricordo delle borgate...". La strada sale, la speranza scende. Ed è cosi che ti trovi ad affrontare quaranta minuti di avvicinamento senza la tua dose di carburante. Ma con tantissimo malumore.

 

 

La macchina fusa nel mezzo del nulla

 

Siamo al capitolo "storie vere di un'ordinaria vita da climber": ebbene sì, è successo davvero, di partire motivati per una giornata di boulder ed aderenza per ritrovarsi nel mezzo di una statale deserta e desolata con la macchina in fumo. Con una presa di coscienza rapida e dal verdetto non rincuorante: "ma quando ho controllato l'acqua l'ultima volta?". Ed è così, tra un carro attrezzi ed un rapido check di aver almeno incluso il soccorso stradale nella polizza dell'assicurazione, che si conclude ancora prima di iniziare una delle peggiori giornate di non - scalata. Sullo stesso filone: il furgone che non sale dalla rampa ghiacciata del garage; viaggio in macchina in pieno inverno con il riscaldamento rotto ed un paio di moffole al volante.

 

 

La strada chiusa

 

Chi abita in zone "pedemontane" è generalmente abituato ad attraversare colli, svalicare passi, affrontare strade impervie per raggiungere zone alpine, oppure semplicemente aree "della valle a fianco". Anche se in linea d'aria la distanza è minima, le strade a tornanti ed il traffico del weekend possono richiedere un investimento di tempo non banale per raggiungere la meta: insomma un "viaggio" da veri motivados. La motivazione raggiunge quasi l'isterismo quando, trovando senza preavviso e per ragioni ignote la strada chiusa dopo averne percorso un tratto decisamente rilevante, l'arrampicatore alla guida fa una rapida inversione ad U, ripercorre il tutto in senso inverso e va a prendere l'autostrada. Tempo impiegato sola andata: quattro ore e venti minuti, come andare da Torino a Magic Wood.