Come l'influenza emotiva influisce sull'arrampicata sportiva: ci risponde il Dr Guido D'Acuti.

Negli ultimi anni anche in arrampicata si sta iniziando a guardare verso fattori che influiscono sulla performance che vanno al di là della preparazione fisica e tecnica. Soprattutto in campo agonistico gioca un ruolo fondamentale lo stato emotivo e la capacità di gestire sia lo stress che le situazioni che mettono gli atleti a dura prova; ma, nel caso di uno sport particolare come il nostro, possiamo tutti sperimentare quanto sia cruciale il nostro stato emotivo anche nelle normali giornate in falesia. Ne parliamo con il Dr. Guido D’Acuti, arrampicatore e psicologo, già ospite nel nostro blog in molti precedenti post.

 

 

Buongiorno Guido, ben ritrovato! Stai approfittando al meglio della primavera per le tue giornate in falesia?

 

Buongiorno a voi! Ho ripreso l’attività e ogni settimana cerco di staccare almeno in un paio di occasioni per andare in falesia. Le giornate lavorative sono sempre molto intense, e l’arrampicata mi aiuta a ricaricare mente e corpo.

 

 

Abbiamo fatto un’introduzione molto sintetica all’intelligenza emotiva: ci vuoi dare tu una definizione di cosa intendiamo esattamente con questo concetto?

 

L’intelligenza emotiva è la nostra capacità di riconoscere, gestire e comprendere le proprie emozioni nella maniera più funzionale e di conseguenza più utile per la gestione delle emozioni stesse. Nel concetto di “intelligenza emotiva” c’è molto di più, perché è la condizione che permette il riconoscimento delle emozioni dell’altra persona. Dal punto di vista relazionale la capacità di comprendere l’altro è fondamentale.

 

Ad esempio se il nostro compagno è in una situazione di difficoltà e tensione in un momento preciso dell’arrampicata, è importante comprenderlo e cercare di evitare di rassicurarlo, ma distrarlo dolcemente. La distrazione nei momenti di maggiore tensione può essere utile per contrastare l’emozione di paura e portare ad una nuova concentrazione.

 

L’intelligenza emotiva ci aiuta proprio a riconoscere e gestire il nostro stato emotivo e anche quello degli altri. In particolare Goleman ha definito l’intelligenza emotiva come “quelle competenze che aiutano l’individuo nella direzione della leadership”. Goleman parla di consapevolezza, regolazione di sé, motivazione ed empatia. Caratteristiche chiave appunto nella gestione emotiva di se stessi e degli altri.

 

Fionn Claydon from Unsplash

 

Il termine intelligenza ci porta a pensare ad una dote che si ha per nascita in misure diverse: possiamo invece parlare di “allenabilità” dell’intelligenza emotiva, intendendo un miglioramento graduale tramite pratiche molto precise?

 

L’intelligenza emotiva può certamente essere allenata. Anzi mi piacerebbe che nella prossima riforma della scuola fosse inserita nei programmi ministeriali. Allenare l’intelligenza emotiva consiste nel cercare costantemente di ascoltare l’altro e se stessi. Capire ed etichettare le emozioni che si provano, cercare di mettersi costantemente in discussione. L’ascolto di se stessi è sempre molto difficile. Tuttavia è fondamentale. La consapevolezza di se stessi è proprio la capacità di comprendere i nostri limiti e i punti di forza. Un lavoro che permette quindi di adattare le nostre caratteristiche alle diverse situazioni e di raggiungere quindi i migliori risultati. 

 

 

Il fatto che gli atleti agonisti siano spesso giovani o giovanissimi (pensiamo alle gare di Coppa del Mondo Boulder con la sedicenne Oriane Bertone sul podio e le altre giovanissime atlete americane) può implicare la difficoltà nel gestire alcune emozioni?

 

Spesso quando si è più giovani la consapevolezza è più “pura”, trasparente e priva di tanti filtri che in età adulta siamo soliti mettere. Quando parlo di filtri intendo le nostre modalità di percezione della realtà. Le modalità con le quali percepiamo e reagiamo nei confronti della realtà e che portano a costruire degli schemi preordinati, che tendono a ripetersi. A livello emotivo questo può diventare disfunzionale, viviamo le emozioni in maniera più intensa e meno trasparente. Quando si è più giovani si è anche più determinati, le emozioni arrivano a supporto, è come se in maniera istintiva fossimo in grado di gestire le emozioni. Crescendo invece rischiamo di avere dei blocchi determinati proprio da quegli schemi ripetitivi con i quali percepiamo la realtà. 

 

Kyle Mills from Unsplash

 

Come abbiamo detto già più volte l’arrampicata è uno skill sport: mentre ci documentavamo per scrivere questo post, abbiamo letto che lo stato emotivo influisce molto sulla coordinazione dei movimenti. D’altronde alzi la mano chi non ha scalato in maniera molto rigida perché davanti a molte persone o per qualsiasi altro tipo di motivo che non lo mettesse a suo agio. A questo punto sarebbe lecito dire che in arrampicata l’attenzione a questo aspetto dovrebbe avere la stessa portata dell’attenzione che si rivolge ad altri tipi di preparazione?

 

Assolutamente! Un’amica, ogni volta che andiamo ad arrampicare insieme, mi dice che l’arrampicata è uno sport mentale. Se riesci a costruire le condizioni emotive migliori riesci anche ad esprimere al meglio il tuo potenziale. E’ ovvio che la tecnica è fondamentale, tuttavia la nostra mente e soprattutto le emozioni rivestono un ruolo determinante. Ad esempio se la giornata è stata pessima al lavoro e ho in programma di andare in falesia nel pomeriggio tardo, è importante capire ed ascoltare questa condizione emotiva. Se non mi sento nelle condizioni emotive di scalare al limite, è meglio fare un allenamento differente. Magari con vie più semplici oppure con passaggi allenanti ma non impossibili. In questo modo riesco anche a canalizzare la mia rabbia nei confronti del gesto tecnico, senza rischiare un insuccesso. Fallimento che potrebbe essere alle porte nel momento in cui provo vie complesse in uno stato emotivo eccessivamente alterato. Ascoltare le nostre emozioni è fondamentale per poter arrampicare con successo e divertendosi. 

 

 

Quando parliamo di tensioni che pregiudicano negativamente una prestazione sportiva, parliamo con maggiore probabilità di un atteggiamento tipico del comportamento di una persona, oppure di situazioni che si generano da fattori esterni e che quindi possono capitare a tutti con la stessa frequenza?

 

Le tensioni possono generarsi per molteplici fattori. E’ in questa occasione che diventa fondamentale avere competenze di intelligenza emotiva. Riconoscere quali sono i fattori che migliorano i nostri comportamenti. Ad esempio arrampicare in un momento della giornata in cui vi sono condizioni meteo migliori. Inoltre, come detto prima, riconoscere il nostro stato emotivo ci tutela e aiuta a capire quando è il momento di andare oltre se stessi oppure di allenarsi in maniera differente e meno competitiva. Non esistono ricette uguali per tutti, solo attraverso un profondo ascolto di se stessi e dell’altro è possibile gestire ogni tensione. Aggiungerei anche una comprensione del contesto in cui ci stiamo muovendo. Mettendo insieme questi tre fattori: se stessi, gli altri ed il contesto, ed usando tutte le competenze che abbiamo di gestione emotiva si possono raggiungere performance inaspettate.