“Diretta quattro gatti”, un’impresa sullo scudo dell’Agner: intervista agli apritori

Hanno ricevuto il Premio Fondazione Silla Ghedina Apollonio Menardi per aver aperto la via "Diretta quattro gatti” nell'agosto del 2019 sulla parete nord-est dell’Agner. Sui loro occhi si sono riflessi panorami spettacolari, il più delle volte sopra le nuvole. Sono giovani, ma hanno già scalato diverse pareti, di cui la maggior parte li ha messi a dura prova.
Sono Diego Dellai, Marco Toldo e Carlo Reghelin. Ed è stato un vero piacere conoscerli.

 

 

Il premio per la migliore via alpinistica aperta sulle Dolomiti nel 2019.

 

 

La pergamena che ci hanno mostrato recita così:
"per la motivazione e la caparbietà di tentare una linea che rappresentava uno degli ultimi problemi delle grandi pareti dolomitiche. Riuscire nella salita del grande scudo giallo della parete nord-est dell'Agner in stile impeccabile senza corde fisse e con protezioni tradizionali è stato un bellissimo esempio di come l'alpinismo moderno possa prendere spunto dai problemi ancora irrisolti dell'alpinismo classico".

 

premio per la migliore via alpinistica aperta sulle Dolomiti nel 2019

 

La “Diretta quattro gatti” sullo scudo dell’Agner.

 

 

La via è stata aperta sullo scudo del Monte Agner, che fa parte del gruppo dolomitico delle Pale di San Martino e si affaccia sulla Valle di San Lucano.
Al momento la via non è stata ripetuta.
È stata aperta in arrampicata libera fino all’VIII e in artificiale fino all’A3.
Lunghezza dislivello: 1400 metri, 900 metri della via Messner e 8 tiri della nuova variante.
Difficoltà: VIII e A3 obbligatorio, VIII+/IX massimo in libera, R3+.
Soste a chiodi.
Per arrivare all’attacco, dove è possibile bivaccare, è necessario risalire 900 metri della via dei Sudtirolesi (o Messner).
La via è stata chiamata così perché i ragazzi l’hanno dedicata al 50° anniversario della fondazione del Gruppo Quattro Gatti, di cui Marco, Diego e Carlo fanno parte.

 

relazione via diretta quattro gatti agner

 

Abbiamo incontrato Marco, Diego e Carlo.

 

 

È Marco a ospitarci: qui attendiamo Diego e Carlo che portano pane e ottimo speck. Il padrone di casa apre la bottiglia di vino rosso e iniziamo l’intervista seduti l’uno di fronte all’altro.
Tutti e tre indossano scarpe da avvicinamento e il classico abbigliamento di chi ha fatto della montagna uno stile di vita. Si nota subito un sorriso autentico nei loro volti, che però non nascondono anche un po’ di timidezza.

 

 

Com’è nata l’idea di aprire una via sullo scudo dell’Agner, ancora vergine?

 

Diego. Stavo leggendo un articolo che elencava le vie chiodate sulle pareti dell’Agner e concludeva con interrogativi sul futuro e problemi ancora irrisolti, tra cui lo scudo. Ho visto una foto dal bivacco Bedin, l'immagine dello scudo nel periodo invernale, e le sue pareti risaltavano tra il bianco della neve. Mi sono stampato la foto e per due anni è rimasta nel cassetto. Quando ne ho parlato con Marco, lui aveva l'intenzione di provare un altro problema.
Carlo. Ricordo che un giorno io e Marco stavamo bivaccando sullo Spiz Agner Nord e di fronte a noi spiccava lo scudo, con quella meravigliosa parete: lo abbiamo guardato per un po' di tempo e ci siamo chiesti come sarebbe stato arrampicare lì.

 

 

E poi?

 

Marco. Ne abbiamo parlato ancora: dato che quello era un periodo in cui eravamo tutti in forma, perché non rischiare di affrontare lo scudo, la parte più dura dell’Agner?
Diego. All’inizio la mia idea, per quanto assurda, era salire in cima, per poi calarci sulla Messner e vedere com’era la parete. Oppure percorrere la via Messner e guardare lo scudo dal basso, passandoci sotto, ma una manovra così avrebbe potuto farci desistere.
Marco. Poi abbiamo deciso che no, nessuna di quelle alternative sarebbe stata la soluzione: abbiamo deciso di partire da sotto, di impegnarci con tutte le nostre forze e se non fossimo riusciti a risolvere il problema, avremmo fatto altro.

 

 

Perché voi tre?

 

Marco. Condividere esperienze così con gli amici è importante.
Diego. Quando affrontiamo un’avventura che lascerà sicuramente un segno nelle nostre vite, vogliamo farlo con i compagni di sempre.
Carlo. E in tre è meglio, perché quando passi parecchio tempo in sosta, è preferibile essere in compagnia.

 

 

E come darvi torto… Dunque, arriviamo al sodo: la salita.

 

Diego. La notte del 16 agosto abbiamo dormito nel bivacco Cozzolino sotto la parete nord-est dell’Agner: è un punto di riferimento per chi vuole intraprendere le vie dallo spigolo alla parte nord-est.
Carlo. La mattina seguente siamo partiti alle 5, per risalire il canalone innevato che porta all’attacco della Messner.
Marco. La prima parte della via era completamente bagnata. È stato Carlo a condurre la cordata fino alla base dello scudo. Alle 14 ce l’avevamo sopra la testa.

 

 

Con loro avevano quasi due serie di friend e una trentina di chiodi, per proteggersi nei punti più difficili.
Alle 14 del 17 agosto 2019 hanno iniziato la salita, riuscendo ad aprire tre tiri.
Il primo tiro è su grigi, sotto lo scudo.
I successivi due tiri sono su gialli (tratti di parete strapiombanti dove l’acqua non scorre).

 

 

In questo tratto della parete cosa avete fatto?

 

Marco. Qui abbiamo seguito le poche righe grigie, che solitamente sono i punti deboli della roccia, ma è stato comunque difficile proteggersi, perché non c’erano prese o buchi (abbiamo potuto usare poco i friend).
Diego. Alle 20, a pochi metri del 4° tiro, ci siamo calati da una sosta provvisoria, lasciando le due mezze corde fisse. Siamo tornati alla cengia dell’inizio e abbiamo bivaccato. Con un buon sacco a pelo e una mangiata ristoratrice, abbiamo passato una bella nottata.
Marco. Eravamo a circa 2500 metri di altezza, con 1000 metri di parete sotto di noi. Lo stato d’animo era alle stelle.
Carlo. Prima che il sole tramontasse, ci ha lasciato uno spettacolo che mi ricordo come fosse ieri: eravamo sopra un mare di nuvole, dal quale spuntavano le cime delle montagne più alte.
Diego. La mattina seguente abbiamo ripreso la scalata, risalendo le corde. Eravamo già felici di essere arrivati lì.

 

 

Quindi è ricominciata l’impresa…

 

Marco. Sì, era l'alba del 18 agosto e ho proseguito ad aprire il quarto tiro che il giorno prima aveva iniziato Diego. Lui aveva capito che quella era la strada giusta. Noi da sotto gli chiedevamo com’era il tiro e lui ci ha risposto che era fattibile, per incoraggiarci. Be’, io vi dico che era fattibile, ma davvero duro!

 

diretta quattro gatti arrampicata agner

 

Diego, stai sorridendo… a cosa pensi?

 

Diego. Ricordo che giorni prima avevo immaginato di trovare una bella clessidra nei punti gialli dello scudo. E nel secondo tiro della via, nei gialli, ho trovato proprio una bella clessidra. Anche questo mi ha fatto capire che ero sulla strada giusta. L’ho considerato un segno. E quella clessidra è stata uno degli ancoraggi più solidi che abbiamo trovato: una vera manna dal cielo.

 

 

Marco, parlaci di questo quarto tiro.

 

Marco. Sono partito dalla sosta provvisoria di Diego. È un tiro di 50 metri, il più difficile. Termina su bella roccia, ma è di difficile lettura. Finito il diedro, profondo circa 20 centimetri e caratterizzato da una buona fessura dove ho potuto proteggermi con dei friend, mi sono trovato davanti una dura placca grigia di 20 metri. Sopra, fortunatamente, avevamo visto che c’era un buon punto comodo, una nicchia, dove costruire una sosta. Ma non potevamo ancora esultare: sapevamo che sarebbe stata ancora dura.

 

diretta quattro gatti agner

 

Raccontateci il vostro stato d’animo.

 

Carlo. Posso dirvi che nemmeno in sosta si è tranquilli: tenti di interpretare i segnali di chi tira, viaggi con la mente, provi a immaginare e cercare di trovare soluzioni tecniche basate sui tuoi ragionamenti. Ci eravamo dati un limite orario, oltre il quale devi pensare a una eventuale ritirata.
Diego. Esatto: se fossimo rimasti in parete un altro giorno, non avremmo avuto abbastanza cibo e acqua. E una ritirata per la Messner avrebbe significato percorrere un tratto troppo bagnato in quei giorni.
Carlo. Confesso che alla ritirata ci abbiamo pensato soprattutto al quarto tiro, perché erano quasi tre ore che Marco era in parete (sorride).
Marco. Abbiamo provato a salire un passo alla volta, cercando di trovare tutti gli stratagemmi possibili per andare avanti, non arrenderci. Perché potevamo farcela.

 

diretta quattro gatti agner

[Nella foto: a sinistra la via "Diretta Quattro Gatti" è segnata in giallo, in bianco la Messner]

 

E dopo il quarto tiro?

 

Marco. Da metà del sesto tiro abbiamo trovato i tratti tipici dei fine via. "Il duro è passato", abbiamo pensato, ma mai dare per scontato qualcosa in montagna. Mi sono detto "speriamo di non trovare acqua…".
Diego. Pensavamo di essere fuori e invece ci siamo trovati un colatoio di 5/6 metri.
Carlo. All’ultima sosta però siamo arrivati comunque (sorride). Abbiamo indossato le scarpe e abbiamo raggiunto la cima.

 

 

Sulla cima, quali sono le sensazioni di chi ce l’ha fatta?

 

Marco. Siamo arrivati sparpagliati, ognuno con i suoi pensieri. Non c'era vento, strano in cima a una montagna. Era come se si fosse fermato il tempo. Per mezz'ora non è arrivato nessuno e il silenzio era assurdo. Forse non ci siamo nemmeno resi conto, in quel momento, di quello che avevamo fatto.
Diego. Sono arrivato per primo in cima. Lì c'era un sasso: ci sono salito e mi sono detto "più in su di qui non si va" (sorride).
Carlo. Ognuno di noi ha cercato di metabolizzare la situazione, i giorni passati, quello che abbiamo fatto e raggiunto.

 

marco diego carlo cima monte agner

 

Qual è stato il primo pensiero?

 

Marco. Forse un giorno gli psicologi inventeranno una parola per esprimere quello che mi passava per la testa.
Carlo. Strano, inesplicabile.
Diego. Ero felice, ma non quella felicità che ti fa esultare. Forse la parola giusta è serenità.

 

 

Ragazzi, perché quella montagna?

 

Marco. Ho un legame particolare con quella montagna: è bella, selvaggia, poco frequentata. Probabilmente è anche passata di moda… E forse è proprio questo il suo fascino.
Carlo. I nostri idoli del passato (come Lorenzo Massarotto, Riccardo Bee, Ivo Ferrari) hanno arrampicato sull’Agner. Quando finalmente abbiamo vissuto anche noi questa esperienza, abbiamo capito il motivo per cui tanti grandi scalatori hanno scelto quella montagna. L’Agner è difficile, ma ti chiama e tu non puoi resistergli.
Marco. Le pareti dell’Agner sono dure da affrontare in giornata: gli avvicinamenti e le vie sono lunghe, e il grado non conta. Quello che ci vuole sono determinazione, resistenza, grinta. Qui devi far fatica, soffrire.

 

 

L’intervista finisce con lo speck, qualche fetta di pane e vino rosso.

 

 

Grazie ragazzi.

 

 

Quando sei in parete, se allunghi la mano riesci a toccare il cielo, così ogni cosa appare possibile. Non tutte le imprese hanno raggiunto i loro obiettivi, ma quella di Marco, Diego e Carlo sì. E in alcuni momenti pare l’abbiano anche superato, il cielo.

 

 

[Foto di Marco, Diego e Carlo]