Intervista a Pietro Bagnara: professione videomaker di arrampicata ed outdoor!

Pietro Bagnara è prima di tutto un arrampicatore nato e cresciuto tra le falesie liguri ed in special modo del finalese; il suo dono e la sua passione per la fotografia ed il videomaking l’hanno poi portato a studiare Fotografia a Milano e poi a trasferirsi in Trentino, riuscendo ad unire arrampicata e professione in quello che è, almeno sulla carta, il lavoro dei sogni di ogni arrampicatore.

 

I suoi video per aziende come La Sportiva, Petzl e Montura hanno avuto grande riconoscimento sia in Festival di settore come Il Trento Film Festival, sia a livello internazionale: recentemente i suoi progetti “Le passage” e “Rolly” sono stati selezionati  in Canada e USA per alcuni festival internazionali di cinema, come il Chicago Indie Film Award ed il montreal Independent Film Festival. Ma c’è ancora di più: l’ultimo lavoro di Pietro Bagnara parla di arrampicata ed inclusione, e noi non abbiamo voluto attendere un pretesto in più per fare una chiacchierata con lui!

 

Ciao Pietro! Siamo veramente entusiasti di averti ospite sul nostro blog! Innanzitutto parlaci di te: dove sei stato ad arrampicare recentemente?

 

Ciao a tutti! Recentemente l’arrampicata è diventata un sport di gruppo nel senso che per lo più vado a fare blocchi con Roberta (la mia compagna), Pascal e Matta (di 4 e 1 anno), più il nostro cane Lillo che è quello che ultimamente si porta a casa le performance migliori su roccia (sorrido). Andare ad arrampicare con i bimbi così piccoli è molto, molto impegnativo. Facendo blocchi però, diventa fattibile e anche i bambini si divertono mentre di scalare con la corda per un po’ ancora non se ne parla.

 

Arrampicata e filmaking: anche se siamo abituati a vedere i tuoi video ambientati nel mondo dell’outdoor a 360°, il tuo ultimo lavoro parla proprio di arrampicata. Ce lo presenteresti?

 

Sì, certo. Si tratta del terzo episodio della serie Mountain Stories sostenuto da Climbing Technology e Wild Climb con Nicola Tondini -guida alpina e alpinista temerario di livello internazionale- che incontra Nicolle Boroni e la porta a fare una via alle Cinque Torri di Cortina d’Ampezzo. Nicolle è una ragazza splendida che ha perso la mano destra quando era piccola e convive quotidianamente con questa sua diversità che a questo punto ha trasformato in un punto di forza. Ci ha messo un po’ da quello che mi ha raccontato ma ci è riuscita, direi alla grande. Ci eravamo sentiti telefonicamente con lei e Nicola per impostare la giornata di riprese alla quale ha partecipato anche Lorenzo Morandini che è un bravissimo pilota/operatore di droni. Volevo cercare una strada narrativa che fosse lontana da qualsiasi retorica e che facesse riflettere anche con ironia e leggerezza. Ci siamo divertiti, eravamo decisamente in sintonia e alla fine il risultato è sotto gli occhi di tutti.

 

Qual è stata la parte più intensa di questo ultimo lavoro?

 

L’inizio. Ci siamo ritrovati tutti al parcheggio. In effetti non avevo la minima idea di come sarebbe andata e così ho cominciato a condividere con Nicolle e Nicola le mie idee su come raccontare la storia di Nicolle e su quale linguaggio video usare per raccontare la giornata. Ero molto concentrato. È stato molto bello anche il momento nel quale ho visto Nicolle eseguire diverse manovre di arrampicata a modo suo: diamo per scontate tante cose e quando ci troviamo davanti una persona che sovverte alcune nostri punti fermi ci resta molto da pensare.

 

Come si arriva a collaborare con le grandi aziende dell’arrampicata e del mondo Outdoor? Ti sei sempre candidato tu o sei stato notato da loro grazie ai video che hai magari pubblicato in maniera indipendente?

 

Noooo! Sempre in prima persona, mi sono sempre proposto io. Oppure io e Klaus Dell’Orto da quando abbiamo fondato OpenCircle nel 2012. Se non sei tu a muoverti in questo mondo non succede quasi niente. Al massimo arriva qualcosa col passaparola. Però è vero anche che a volte ho preso dei lavori (anche fotografici) grazie a progetti che non erano affatto commerciali ma nei quali avevo creduto e che avevo portato avanti solo per ricerca personale.

 

“Questa deve essere la linfa che ci alimenta” diceva un mio caro amico fotografo, Stefano Goldberg. Con Klaus abbiamo lavorato sodo e duramente per dare credibilità alla nostra etichetta e questo significa anche fare marketing ma, soprattutto, avere idee e creatività. Se c’è un elemento che ci distingue tra altri colleghi è sicuramente la volontà di cercare uno storytelling forte e con elementi di originalità, cercare di essere poco prevedibili quando possibile.

 

Ultimamente i tuoi video sono stati selezionati anche per dei Festival Internazionali non di settore: con quale video sei riuscito a raggiungere questo obiettivo?

 

“Le Passage” che è un documentario di quasi un’ora (già trasmesso da RAI3 e RSI) è andato recentemente in semifinale al Montreal Independent Film Festival; mentre il film “Rolly” con Rolando Larcher ha fatto un bel filotto di festival tra i quali Chicago, Mosca e Brisbane e sono tutti festival di cinema internazionali non di settore… Sì, ho provato a mandarli là perché volevo vedere se potevano avere un'audience più grande e varia anche se sapevo che per questi festival le richieste di partecipazione sono molto più numerose rispetto ai film festival di montagna.

 

Il tuo rappresenta il lavoro che tantissimi arrampicatori sognerebbero di fare: ma per ogni video qual è la proporzione tra giornate all’aria aperta e lavoro di editing, presentazioni e marketing?

 

Non fate questo lavoro!!! (Rido) Lasciate perdere: spaventi, mal di schiena, stress e pochi soldi assicurati. E poi provate a pensare cosa significa gestire attrezzature video appesi ad una sola statica magari a 500mt in mezzo alla parete della Marmolada, tanto per fare un esempio! In più, bisogna arrivarci e gli elicotteri scarseggiano in questo tipo di produzioni. Solo se hai una forte vocazione a fare questo lavoro vai avanti. Le ore di editing? Molte. Ma ormai ci siamo abituato. Per una giornata di riprese penso che quelle per le altre parti del progetto siano molto variabili a seconda del tipo di lavoro e di risultato che vuoi raggiungere; ma generalizzando direi 1:2. Una di riprese outdoor e due di lavoro al Mac o altro.

 

Ci immaginiamo tutti che il tuo lavoro non sia ogni giorno diverso e sempre altamente motivante: esiste qualche aspetto più di routine che ogni tanto abbassa il livello di motivazione? ;)

 

No. Decisamente no. Anzi: a volte sogno un po’ di routine! Ma non troppa altrimenti sclero.

 

Potete seguire Pietro Bagnara sul sito di OpenCircle, su Facebook, e sulla sua pagina Instagram. Qui il suo ultimo video per Mountain Stories e tutti i lavori di Open Circle.

 

Pietro bagnara foto stefano Goldberg

Durante le riprese del film “Volontà di Pietra” con Klaus Dell'Orto in alto e Luca Giupponi che scala (Pietro Bagnara in centro )

Foto credits Stefano Goldberg