Run Out: l'arrampicata dagli irrequieti anni '80 ad oggi raccontata da Alessandro Jolly Lamberti

Run Out è, innanzitutto, un’autobiografia. Un dettaglio che non possiamo dare per scontato perché, quando si parla di anni ’80 e dei suoi personaggi surreali, eclettici e lievemente schizzati, la precisazione è d’obbligo. Alessandro Lamberti, per tutti “Jolly” era, ai tempi, un giovane e promettente arrampicatore della “Roma” bene, un personaggio decisamente più silenzioso e meno interessato alle baldorie serali rispetto ai suoi coetanei, ma capace di trasformarsi in un mutante quando si trovava sulla roccia.

 

 

L’arrampicata stava iniziando a farsi largo tra “il grande pubblico” raggiungendo probabilmente uno degli apici di maggiore visibilità di sempre con la diretta in prima serata di “Scommettiamo Che” condotto dagli sgargianti Fabrizio Frizzi e Milly Carlucci. La sfida? Arrampicarsi sulla prua del transatlantico da crociera più grande del mondo, attrezzato a dovere di prese artificiali. Il protagonista della sfida? Naturalmente Jolly, il primo vero precursore dei vari “Ninja Warriors” e “Show dei Record” dove, ancora adesso (ossia quarant’anni dopo), l’arrampicata fa emozionare le folle.

 

 

Tra falesie storiche e digressioni personali

 

Inseguendo le vie sempre più dure che man mano venivano chiodate in Italia e in Francia, Jolly movimenta la struttura di Run Out alternando falesie per noi storiche - come Buoux e il Verdon in Francia, oppure La Spiaggia delle Lucertole, Subiaco e Sperlonga in Italia-, con retroscena dal taglio decisamente più personale – e che nessuno avrebbe immaginato mai- sull’autore. 

 

 

Personaggio controverso, coatto ed allo stesso tempo schivo, sicuramente dotato di senso dello humour e patologicamente osservatore di ogni sfumatura caratteriale dei suoi compagni arrampicatori - e poi dei suoi allievi - getterà forse in questi anni le basi di quello che sarà il capitolo “Personalità” di Jollypower.

 

 

Allenamenti

 

Neanche gli allenamenti erano sensati negli anni ’80 ed è proprio da questo scenario improbabile che si è formato – con anni ed anni di esperienza - quello che per gli arrampicatori italiani è “IL” riferimento in termini di preparazione specifica. Dai record giornalieri per detenere il più alto numero di trazioni in un giorno, alle insostenibili ripetizioni di vie-non-al-limite zavorrati di gilet con i pesi come neanche un sub in esplorazione nell'abisso Challenger osa fare, la totale casualità dei primi rumorosi allenamenti si è condensata in un approccio un po’ più strutturato e un po’ più vicino a quello che intendiamo oggi per “programmazione”.

 

 

Anni ‘90

 

Gli anni ’90 si aprono con le esperienze gelide e tragiche sulle Alpi nel logorante percorso per diventare Guida Alpina: una selezione durissima dove iniziano a fare capolino le prime scarpette Viper, che gli garantirono, insieme al suo talento sulle placche lisce e poco protette, un pass per un lavoro futuristico. Divenne la prima Guida Alpina ad organizzare viaggi di arrampicata, mettendo insieme appassionati di roccia, principianti senza cognizione, sessantacinquenni in cerca di una svolta nella vita e procaci trentenni.

 

 

Si apre così un capitolo totalmente nuovo: quello delle falesie sempre più frequentate da tribù di arrampicatori, dei gradi facili spagnoli “che però nessuno sgrada”, dei viaggi in California, Thailandia, Grecia ed in ogni mecca mondiale della verticalità.

 

 

Run Out

 

Il “Jolly” non ha solo il dono dell’arrampicata, non ha solo l’intuito giusto nel dare il “boost” di cui sia lui che i suoi allievi hanno bisogno per superare plateau ed altopiani vari: è anche uno scrittore capace di tenere alta l’attenzione per più di trecento pagine, tanto fluido nell’arrampicare quanto nello scrivere. Run Out offre cenni storici dell’arrampicata italiana di cui tutti noi abbiamo sentito parlare, ridipinti in una chiave ironica, dove “ogni rassomiglianza a fatti e località reali o a persone realmente esistenti è puramente voluta”.