Sette frasi da non dire a un tracciatore boulder

Scale, avvitatori e volumi ma non solo: il lavoro del tracciatore - o del route setter se ci sentiamo particolarmente internazionali - è una professione dal forte estro creativo, dove non basta sapere arrampicare bene o essere molto forti (a seconda dei punti di vista) per poter realizzare dei boulder allenanti, estetici e di grande soddisfazione. Oltre ad una buona esperienza maturata in anni e anni di boulder, è necessario avere buone doti nella pre-visualizzazione dei movimenti, saper inventare sempre sequenze nuove e riuscire a tracciare su più stili di arrampicata possibili, anche quelli che non gli sono del tutto congeniali.

 

 

Forti della consapevolezza di quanto sia importante dare dei feedback sui boulder presenti in palestra, spesso chiunque frequenti le sale di arrampicata indoor (ovvero tutti noi) si avvicina al tracciatore con fare spigliato, esternando pensieri, consigli ed opinioni (nonché omissioni di tanto in tanto) su ogni presa avvitata al pannello. A volte con gentilezza, ed a volte con un fare un po' "mordace".

 

 

Abbiamo quindi raccolto alcune delle domande e alcuni dei commenti espressi con maggiore frequenza - secondo la nostra sindacabile esperienza - ai tracciatori delle migliori palestre di boulder per condividere questo lato nascosto del lavoro del tracciatore (un po' artista e un po' psicoterapeuta) e, a nostro modo, per esprimere riconoscenza nel riuscire a farci trovare ogni settimana boulder nuovi e appena sfornati sui quali spellarci le dita.

 

 

Ma tu l'hai salito?

 

Partendo dall'idea erroneamente insita in molti arrampicatori per cui un tracciatore debba salire senza possibilità di errore ogni boulder che traccia, quando ci troviamo davanti a un passaggio estremamente duro o - vogliamo proprio definirlo così - per noi impossibile, spesso chiediamo al creatore di tanta difficoltà dimostrazione vera e tangibile che il boulder sia fattibile. E a poco importa che il tracciatore lo abbia ritenuto "adeguato alla difficoltà assegnata dal colore" anche solo valutandone i movimenti singoli o sezioni di due o tre movimenti per volta: se il tracciatore non l'ha salito "secondo regolamento", cioè dallo start all'accoppio di tre secondi al top, allora possiamo a buon diritto dubitare che il boulder abbia motivo di esistere. Tentando di scagionare tutti i route-setter dai capi di accusa di tracciare "troppo duro", vogliamo rendere a tutti noto che su moltissimi siti americani, esistono tutorial e consigli su come "tracciare più difficile di quanto tu riesca ad arrampicare". E qualsiasi gara di Coppa del Mondo che non sia tracciata da Janja Garnbret e Tomoa Narasaki - per citarne due a caso - ne è la dimostrazione.

 

 

Mi sembra più facile di quello difficile

 

Spesso le dissertazioni sulla difficoltà dei passaggi boulder sfiorano il metafisico, perché l'arrampicatore non vuole solo andare in palestra per allenarsi in vista di migliori perfomance sulla roccia, ma cerca vere e proprie certezze e conferme su di sé e sul proprio stato di forma. Ecco perché, se due boulder di stili completamente diversi gli risultano poco coerenti per quanto riguarda il colore assegnato dal tracciatore (ad esempio se quello più difficile gli risulta magari molto congeniale, e quello più facile particolarmente ostico per i motivi più disparati), l'arrampicatore ne resta turbato. Al punto da andare dal tracciatore a fargli presente la plateale discontinuità tra le gradazioni, e invitandolo ad mettere "almeno" un colore che definisca una difficoltà intermedia per entrambe i passaggi.

 

 

Non puoi spostare il passaggio chiave?

 

Come per le annose questione sull'altezza ideale dello start e del top da terra, non viene risparmiato da misurazioni millimetriche neanche il crux del boulder, che per mille motivi sarebbe più comodo avere più in basso, più in alto, più a destra o più sinistra. Ciò che colpisce, al di là delle preferenze personali secondo le quali si vorrebbe avere il passaggio chiave alla fine del boulder (per avere l'idea di aver guadagnato metri importanti), oppure al contrario all'inizio (in modo da avere poi la strada spianata verso il top), è quanto spesso il singolo climber si autoelegga portavoce dell'intera comunità di boulderisti. Posto poi che tutti la pensino come lui.

 

 

Lo start è troppo basso ed il top è troppo alto

 

Quante volte ci siamo detti che i passaggi più belli sulla roccia hanno anche una certa estetica, non sono "costretti" e non sono forzati per avere più movimenti possibile? Certo, se pensiamo a Fontainebleau ed allo sviluppo unico dei passaggi con partenza stand, ristabilimento perfetto e movimenti armonici, abbiamo tutte le ragioni di ricercare la stessa perfezione ovunque ci troviamo. Detto ciò possiamo anche di tanto in tanto scendere a compromessi ed a patti con la realtà, arrendendoci all'idea che - per avere uno sviluppo interessante - dobbiamo sfruttare in ogni modo possibile i vari angoli delle strutture di arrampicata indoor. Dopodiché non temiamo di affermare in questa sede che c'è un nutrito sottoinsieme di appassionati di boulder che amano le sit start, specie se incorporano già un tallonaggio per alzarsi dal materasso, e che nulla temono quando si tratta di lanciare a un top fissato nel punto più alto del pannello.

 

 

Mi metti delle prese per scendere?

 

Se e come stabilire delle "vie di discesa" è un problema che coinvolge, prima o poi, tutte le palestre d'arrampicata. Se è vero che chi prova i boulder intermedi e duri può usufruire dei passaggi facili adiacenti per scendere con agilità, lo stesso non si può dire per tutti quegli arrampicatori alle prime armi che hanno già i loro discreti scogli da superare durante la fase di salita dei boulder di livello "beginner" della palestra. Anzi spesso proprio a causa del bagaglio di esperienza con le salite e le discese varie, tutto da costruire, sono proprio quelli che provano i passaggi "facili" gli arrampicatori più in difficoltà non appena si trovano poco sopra la loro zona di comfort. La scelta quindi sta tra l'andargli incontro o proporgli di acquisire una "terapia ad urto" per fargli acquisire fiducia nei salti sul materasso da metà parete. Terapia che si può tradurre con un serafico: "ma no, salta giù tran-quil-lo"!

 

 

Lo vedo da qui che quel passaggio è morfologico

 

Se fino a qui abbiamo analizzato osservazioni soggettive ma pur sempre presentate con una certa dignità, ora ci avviciniamo verso una frangia un po' più sconfortata, che non riesce a farsene una ragione né della tracciatura "in stile gara", né del fatto che talvolta le prese siano avvitate "lontane tra loro". Pur consapevoli del fatto che non gli verrà decurtato un ingresso in più dalla palestra se non riusciranno a chiudere tutti i boulder di una certa "palette" di colori (per esempio tutti i verdi, pena non aver diritto a provare i blu), non si arrendono all'evidenza che un determinato passaggio non è evidentemente nelle loro corde. "Se solo fosse più vicina di un centimetro" e "se solo fossi più fossi un po' più alto, ma davvero di poco" prendono il sopravvento su un'analisi della realtà più oggettiva che gli suggerirebbe di passare ad altro senza recriminare sul top mancato.

 

 

Secondo me riesco a tagliarlo

 

Chiudiamo la nostra pesca alle sette frasi più pronunciate in palestra con la classica sfida del climber che vuole portarsi a casa una soddisfazione in più: "fregare" il tracciatore. In termini "boulderistici" tagliare un boulder vuol dire aggirare una piccola sequenza di due o tre movimenti saltando qualche presa, ovvero riuscendo a raggiungere con un guizzo di furbizia ed abilità fisiche una presa molto lontana. Difficilmente potrai cimentarti in questo numero su un passaggio al tuo limite, mentre è ovvio che su un boulder livello base non avrai difficoltà a saltare qualche presa. Ad ogni modo il tracciatore quasi sempre già sa su quali boulder sarà impossibile "tagliare", pertanto, fiutando che qualcosa non andrà secondo i piani, si metterà comodo sui divanetti della palestra con popcorn e coca-cola a godersi il tentativo.

 

 

Foto di copertina: Giovanni Danieli/ Davide Terenzi, FASI flickr scattate durante il Campionato Italiano Boulder 2022