Intervista a Pietro Biagini

Nella prima tappa di Coppa Italia Boulder non c’è stato spazio per il minimo errore: una finale combattutissima ha visto contendersi i primi posti della classifica in base al numero di tentativi. Ogni incertezza poteva far perdere punti importanti, ma la situazione non ha messo in difficoltà Pietro Biagini che ha vinto la tappa davanti al super Marcello Bombardi e ad un altrettanto in formissima Davide Marco Colombo.

 


Pietro Biagini fa parte della Nazionale B di boulder e ha tanta voglia di esprimere tutto il suo potenziale non solo sulla roccia, dove è sempre in grande forma, ma anche a livello di gare. E si vede!

 

 

Davide Terenzi

Foto Giovanni Daniele/ Davide Terenzi, FASI flickr

 

 

Ciao Pietro, benvenuto nel nostro blog! Come stai e dove ti trovi?

 

Ciao a tutti! Molto bene, sono già tornato a Milano per tracciare ed allenarmi in preparazione alla prossima imminente tappa di Prato. Milano è un ambiente molto stimolante, pieno di palestre e amici motivati con cui allenarsi.

 

 

Il tuo primo posto è stato meritatissimo, ed è arrivato al termine di una finale dalla pressione a dir poco “elevata” per voi atleti. Com’era l’atmosfera “dietro le quinte”?

 

Si, la finale è rimasta aperta fino all’ultimo blocco, devo dire che però l’aver chiuso la prima placca al secondo giro mi ha dato una confidence mentale non da poco e, come dico spesso ultimamente, è “facile” fare una bella gara se flashi il primo blocco! ;)

 

 

Tra di noi l’atmosfera è più rilassata di quanto si possa pensare, siamo tutti grandi amici, abituati a scalare ed allenarci spesso insieme e già compagni di molte finali. Tutti vogliono vincere, ma tutti sono contenti del successo degli altri. Un gran bell’ambiente, dove l’unica tensione che c’è è di ottima natura, quella giusta che serve per dare il massimo.

 

 

Credits Stefan Scarperi

Re dei Lemuri 8A+ in Val Masino Credits Stefan Scarperi

 

 

Sei uno di quegli atleti letteralmente cresciuto sulla roccia fin da quando eri piccolissimo, e possiamo dire
che Varazze sia stata la tua seconda casa. Quanto è stato importante avere un riferimento come Christian
Core – e tutti i suoi boulder a portata di mano – per crescere come arrampicatore?

 

Indubbiamente sono cresciuto sulla roccia e Varazze è stato il primo posto dove sono caduto su un crash pad e da subito ho iniziato i pellegrinaggi sotto “Gioia”.

 

 

Ricordo ancora di quando incontrai Paul Robinson appena atterrato in Italia e arrivato subito a Varazze, scalammo insieme sul mio progetto e poi, siccome aveva ancora solo un crash pad, lo accompagnammo con mio padre, ai tempi mio assiduo sostenitore e accompagnatore, sotto “Gioia”, dove lo vidi salire la stand con uno dei miei pads.

 

 

Da quel giorno ho sempre sognato di salire quella linea: ho dovuto attende fino al 2019 e ad oggi la reputo ancora una delle mie salite più “proud”. Poi negli anni sono andato alla ricerca di molte altre linee nascoste di Christian, come “Nem” a Lilliput e “Red Dragon” a Futurama, ma questo processo non finirà mai data l’infinità di linee dure da lui aperte nei boschi di Varazze.

 

 

Sei anche spesso in Piemonte, altra zona dove Christian Core ha lasciato il suo segno con boulder
meravigliosi, poco conosciuti ed ancora meno ripetuti. Quali sono le aree dove torni sempre volentieri?

 

Con i miei genitori abbiamo una casa ai piedi delle Alpi Marittime e ho sempre passato tanto tempo da giovane in provincia di Cuneo per scalare e sciare, ma soprattutto per fare boulder. Sicuramente l’influenza che Core ha avuto in queste zone mi ha portato a ricercare e provare linee poco ripetute, ma di grande pregio.

 

 

Christian è un marchio registrato e le sua FAs sono sempre sinonimo di grande qualità e alta difficoltà. Ricordo con molto piacere la salita di “Bellerofonte” in Valle Gesso e i tentativi su “Bad fish” la linea adiacente, sicuramente uno di quei progetti sui quali tornerò nel vicino futuro.

 

 

In generale sono molto legato anche con la zona del Pian della casa, dove ho passato tanto tempo con i miei genitori e amici per scalare, camminare e fare boulder. Sono molto affezionato alle Alpi Marittime, anche se ultimamente sono più spesso a scalare in Ticino, data la vicinanza da Milano, ma tornare là è come tornare a casa e so che ci sarà sempre qualche linea dura da provare.

 

 

Foto Giovanni Daniele/ Davide Terenzi, FASI flickr

 

 

A quanti anni hai iniziato a dedicarti all’allenamento specifico, avendo come obiettivo specifici risultati in
gara?

 

La mia carriera agonistica è stata piuttosto strana, avendo iniziato con la Lead per molti anni, per poi essermi convertito totalmente al boulder intorno al 2019 a causa di una “mutazione” fisica repentina e inaspettata, che non mi permetteva di essere più performante con la corda di quanto non lo fossi prima. Ho comunque sempre praticato boulder negli anni, ai fini della preparazione per la Lead e partecipato anche a molte competizioni nazionali e internazionali, ma senza mai troppe aspettative e dedicando pochi allenamenti specifici a questa disciplina.

 

 

Ho quindi preso tanto peso, come dicevo, e nei mesi i peggioramenti dei risultati in lead corrispondevano ad un miglioramento di quelli in boulder, sia indoor che outdoor, il che mi ha poi convinto a cambiare completamente direzione per dedicarmi ai blocchi. Una scelta che non rimpiango e che mi ha portato un sacco di soddisfazioni.

 

 

Quindi per tornare alla domanda, mi viene difficile dire un’età esatta, anche perché io dedico molto tempo alla scalata e alla mobilità, non faccio preparazione fisica se non quella estremamente specifica, come Pan e trave. Sempre con poco volume e massimo 3 volte a settimana per evitare infortuni, dato il mio peso il corpo è soggetto a forte stress e devo stare piuttosto attento, riscaldandomi sempre bene.

 

 

Infatti i boulder di forza ed esplosività in strapiombo sembrano essere il tuo pane quotidiano, ma ultimamente anche i passaggi più tecnici non sembrano impensierirti più di tanto. C’è uno stile di arrampicata che non hai mai tanta voglia di allenare e che cerchi di evitare (come facciamo tutti noi in palestra)? ;)

 

In realtà negli ultimi anni c’è stata un’inversione da questo punto di vista e ultimamente mi trovo molto a mio agio sui muri verticali e poco più e non sugli strapiombi molto aggressivi, per quanto comunque io mi reputi piuttosto completo e sia uno stile sul quale riesco a esprimermi sempre bene. A causa del mio peso e dell'altezza oltre una certa pendenza faccio molta fatica a tenere il bacino vicino alla parete.

 

 

Fino a qualche tempo fa ti avrei risposto le placche di piedi e sensibilità, ma ultimamente devo dire che mi sento molto migliorato e non più intimorito da questi tipi di passaggi sia in gara che su roccia. Ho lavorato molto negli ultimi mesi su questo genere e i risultati fin’ora sono stati positivi.

 

 

Per quanto riguarda le gare invece il mio stile preferito e anche quello dove mi esprimo meglio sono i lanci di coordinazione.

 

 

Marihuana 8a a Siurana Credits Pietro Vidi

 


Abbiamo sbirciato sul tuo profilo Instagram che recentemente sei stato ad arrampicare in Spagna in falesia: com’è il tuo rapporto con l’arrampicata con la corda?

 

Rapporto conflittuale decisamente, sono sincero e ammetto che la lead, soprattutto in strapiombo di resistenza non mi diverte, anzi ultimamente mi frustra, soprattutto quando non sono particolarmente in forma.

 

 

Però non posso dire lo stesso della scalata a vista su muri verticali, questa mi diverte un sacco. Infatti in Spagna, soprattutto a Siurana, mi sono dedicato solamente a provare vie a vista nuove e diverse tutti i giorni, mi sono divertito come non mai e mi è anche servito a resettare la mente per reiniziare al meglio la nuova stagione di gare e riacquisire la giusta motivazione per allenarsi.

 

 

E’ stata una vacanza bellissima e super divertente, senza stress, frustrazioni, solo allo scopo di godersi la scalata e le giornate in amicizia; rifarei la stessa scelta altre 100 volte!

 

 

A proposito di viaggi, sei stato anche a Flatanger a fare boulder: che tipo di passaggi ci sono da quelle
parti?

 

La Norvegia è una figata, non ero mai stato così a nord e i paesaggi sono pazzeschi. Sono stato là con amici nell’estate 2020 sia per fare qualche tiro, ma soprattutto per provare qualche passaggio che avevo scovato su Instagram nei mesi precedenti e di cui ci eravamo tutti letteralmente innamorati.

 

 

Oltre alla famosissima grotta, infatti, Thilo Schroter (un fortissimo climber norvegese) ha sviluppato qualche area boulder nei dintorni. Roccia dura e passaggi di dita caratterizzano tutta l’area; poche linee, ma di una purezza incredibile, con conformazioni uniche. Purtroppo mancano passaggi facili, a mio parere ci si diverte molto sopra il 7C, ma il potenziale è tantissimo e sono sicuro che passaggi più facili verranno puliti e liberati in futuro. Trovate tutte le info e le relazioni a cura di Thilo sull’app di 27crag.

 

 

Sicuramente una zona, tra cui anche la più famosa Vingsand, in cui tornerò sicuramente in futuro. Oltretutto la Norvegia non è cosi costosa come la gente pensa affatto, basta fare attenzione ai prezzi al supermercato! ;)

 

 

Foto Giovanni Daniele/ Davide Terenzi, FASI flickr

 


Sei un atleta La Sportiva: se dovessi scegliere un solo paio di scarpette da utilizzare sia in gara che nei
boulder sulla roccia, quali sarebbero?

 

Domanda difficile, l’unico parametro oggettivo per dare un consiglio è la rigidità e la scarpetta più polivalente da questo punto di vista è la Sqwama che è anche la mia scelta per l’80% delle situazioni sia indoor che outdoor, affidabile sia su piedini piccoli di precisione, ma se stressata si adatta anche a superfici maggiori come i volumi. Inoltre una scarpetta molto duratura nel tempo, sicuramente la mia preferita al momento!

 

 

Al termine della gara di domenica sei stato molto sincero e deciso a proposito degli obiettivi che ti stai ponendo per quest’anno: quali sono quelli a livello di competizioni e quali – se ne hai- quelli sulla roccia?

 

A livello nazionale continuare su questa onda, sia mentalmente che fisicamente, cercare di dare il massimo di entrambi gli aspetti a tutte le gare in calendario. Mentre in campo internazionale, sempre che i risultati siano meritevoli, spero in una convocazione in Nazionale per partecipare ad una o più Coppa del Mondo.

 

 

Su roccia invece penso che attenderò la primavera/estate per qualche progetto serio, durante la stagione di gare è sempre difficile, anche per la gestione degli allenamenti e della pelle, quest’ultima componente fondamentale se si vuole essere performanti al 100% in gara. Vorrei riuscire a dedicare del tempo a progetti duri, che si possono provare solo nel weekend di bel tempo. Spesso si sacrificano giorni dei weekend per la preparazione specifica in palestra, ma sono sacrifici (se così posso definirli) che si fanno sempre volentieri.

 

 

Foto indoor Giovanni Daniele/ Davide Terenzi, FASI flickr