Diego Campi: 50 anni di arrampicata, dagli scarponi alle scarpette

Scarponi con suole pesanti e suola in Vibram®: è così che si arrampicava una volta.

 

 

Ce l’ha raccontato Diego Campi, quando l’abbiamo incontrato con Valerio Soranzo per parlarci delle vie alpinistiche che hanno aperto sulla Parete Due Sassi e di cui abbiamo scritto nel precedente articolo.

 

 

“Dopo gli scarponi arrivò il tempo delle pedule scamosciate e poi per la falesia le scarpette alte fino a coprire la caviglia”, sorride Diego ai nostri occhi sorpresi. Be’, delle calzature che si usavano una volta abbiamo letto nei libri o le abbiamo viste in documentari, ma sentirlo raccontare da chi ha vissuto quei meravigliosi tempi non troppo lontani è tutta un’altra storia.

 

 

 

Falesia - montagna: un passaggio da non sottovalutare. Diego, dicci la tua.

 

Per arrampicare in montagna la preparazione atletica è sicuramente importante e la falesia è un ottimo allenamento: l’arrampicata sportiva è una vera e propria attività sportiva, dove puoi arrivare al limite delle tue possibilità. In falesia puoi permetterti di azzardare passaggi e movimenti, perché puoi cadere trattenuto da protezioni sicure. È su queste pareti che puoi sfruttare un allenamento intenso per progredire e salire di livello.

 

 

E in montagna?

 

Qui non puoi permetterti di cadere o arrivare al limite. Certo, capita di cadere e affrontare passaggi che richiedono tutte le tue energie, ma soprattutto nelle vie alpinistiche il rischio è troppo grande per azzardare. Sappiamo che oggi (ma anche ai miei tempi) molti arrampicatori si spingono a imprese spesso al limite (basta pensare al free solo ad esempio), ma qui trattiamo le vie alpinistiche classiche.

 

 

Cosa ci vuole per affrontare una via alpinistica?

 

Esperienza e una preparazione psicologica. Mi spiego con un esempio: nelle vie classiche ti trovi a dover arrampicare parecchi metri per arrivare al chiodo successivo. In questo tratto di parete devi sapere proteggerti con protezioni mobili (friend, dadi, cordini su clessidre, eventuali chiodi) e devi anche affrontare la paura della caduta, la sfida dell’altezza. Quando il chiodo si trova sotto di te di 10 o 15 metri, e per arrivare al successivo ce ne vogliono altrettanti, devi saper gestire le tue emozioni, i brividi che percorrono la schiena e fanno magari tremare le gambe.

 

In montagna succede anche di sbagliare percorso (leggere le vie trad non è semplice) e allora devi saper arrampicare all’indietro, perché non è possibile piantare un chiodo per assicurarsi o calarsi.

 

 

Quali raccomandazioni ti senti di dare a chi vuole affrontare vie alpinistiche?

 

Devi conoscere la zona informandoti da chi è del luogo e sulle guide, fare attenzione al meteo, essere consapevole delle tue capacità. Devi anche essere in grado di uscire dalla via in un determinato orario, per evitare condizioni avverse come la nebbia, il buio, il freddo, un temporale. E poi deve avere senso dell’orientamento, anche per trovare un percorso di discesa in un luogo che non conosci.

 

 

Cosa vorresti dire ai ragazzi che oggi vogliono provare il brivido e quelle fantastiche sensazioni arrampicando su vie trad?

 

Qui interviene Valerio Soranzo: “innanzitutto trovare persone come Diego (sorride), con anni di esperienza in questo mondo, e fare pratica. L’esperienza, soprattutto con esperti, è importante a livello fisico e mentale”.

 

 

Continua Diego: “l’attività in montagna, ripeto, è diversa da quella in falesia: in quest’ultima puoi cadere, riprovare più volte i passaggi, in montagna no. È anche consigliato che il tuo grado di arrampicata superi quello dato alla via. In montagna, inoltre, una caduta può essere molto grave: quando le protezioni sono molto distanti tra loro e, ad esempio, disti dal chiodo sotto di te 10 o 15 metri, se si rompe un appiglio o scivoli e cadi, il percorso si allunga di 20 o 30 metri, con il rischio di sbattere contro la roccia. Queste vie vanno affrontate con testa, consapevolezza, concentrazione, resistenza, ma anche con il cuore: l’arrampicata alpinistica rappresenta anche uno stile di vita e la sensazione quando respiri l’aria e osservi il panorama su una cima, be’, è indimenticabile.”

 

 

Quali scarpette consigli?

 

Le scarpette devono darti sicurezza: ad esempio la suola dritta va molto bene su placca quando si sale in aderenza, quelle con la suola un po’ arcuata sono ottime per affrontare difficoltà sostenute. La chiusura in velcro è più comoda in via perché puoi facilmente liberare il piede quando sei in sosta. Ricordo che ai miei tempi Scarpa e La Sportiva avevano già iniziato a produrre scarpette, ma quelli della mia generazione pensavano che in montagna utilizzare gli scarponi fosse meglio, anche per affrontare discese, sui ghiaioni, sulle cenge… Un giorno, parecchi anni fa, siamo andati in Dolomiti per arrampicare nel Pilastro della Tofana di Rozes, su una via di 600 metri con grado sesto superiore. Ricordo che ero ben allenato, pronto con i miei scarponi e il mio entusiasmo, e sono partito da primo di cordata. Siamo arrivati agli strapiombi della parete centrale e nel frattempo sotto di noi era partita un’altra cordata con due ragazzi. Ebbene ci hanno raggiunti e superati: arrampicavano in modo più sciolto e veloce e mi chiedevo, con un certo orgoglio (ero giovane anch’io all’epoca), perché. Mi accorsi che stavano arrampicando con scarpette a suola liscia. Quella è stata l’ultima volta che ho usato gli scarponi in montagna!

 

 

Diego, tanto di cappello a voi che arrampicavate con gli scarponi, però.

 

 

Una risata in compagnia e altre storie hanno concluso l’intervista.

 

 

Grazie Diego e Valerio, è stato un piacere conoscervi!