Te lo dice Oliunìd: i primissimi chiodi da ghiaccio

Il ghiaccio è instabile. È cangiante e passeggero. È dura fare affidamento sul ghiaccio, quando si parla di sicurezza e di durevolezza. Eppure l'arrampicata su ghiaccio è una disciplina meravigliosa, che si è evoluta dall'arrampicata su roccia ed ha creato una serie di necessità completamente diverse.

 

 

 

 

La differenza più evidente con l'arrampicata su roccia è l'impossibilità di fare affidamento sulle proprie mani per afferrare le prese, e solo raramente dei piedi. Ecco allora che vengono in nostro aiuto le piccozze ed i ramponi, che in certe situazioni possono essere utilizzati anche sulla roccia (come nell'arrampicata mista o nel dry tooling).

 

 

 

 

Il problema più pressante, però, forse è un altro. Più ghiaccio viene spostato durante la perforazione più la tenuta generale della parete si indebolisce: c'è bisogno quindi di chiodi che riescano ad essere allo stesso tempo poco invasivi e molto sicuri. La storia dei chiodi da ghiaccio è la storia di una continua evoluzione di attrezzatura sempre più sofisticata, che ha portato ai moderni chiodi a vite: qui sotto vediamo alcuni dei primissimi esempi, che come puoi vedere sono ben diversi dai chiodi in circolazione oggi e a cui ci hanno abituato i vari Climbing Technology e Petzl.

 

 

I MARWA, per esempio, come quello a sinistra in alto del 1957, erano i primi con forma affusolata e sottile, creati con l'idea di limitare la quantità di ghiaccio spostata: risultavano però molto deboli. Quello centrale è di SALEWA, del 1959: la costruzione a spirale su tutta la lunghezza consentiva una maggiore tenuta senza che questo comportasse spostamento ulteriore di ghiaccio. Un chiodo molto all'avanguardia era, nel 1957, quello creato in Austria da Felix Ralling: si tratta probabilmente del primo chiodo da ghiaccio con costruzione tubolare della storia. Aveva solo il problema che, essendo affilato sull'esterno e non sull'interno, causando in questo modo un'azione scorretta delle forze sul ghiaccio. Ralling creò, quasi vent'anni dopo, lo Snarg: il chiodo come lo conosciamo noi stava prendendo forma...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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