Intervista a Giulia Monego

Giulia Monego è Guida Alpina, appassionata di sci e verticalità, e con una grandissima esperienza sulle spalle; recentemente ha tenuto un workshop presso la palestra Urban Wall di Milano a proposito di arrampicata e paura di cadere. Abbiamo voluto sfare due chiacchiere con lei per approfondire l’argomento.

 

 

Ciao Giulia, benvenuta nel nostro blog! Come stai e su quali montagne stai passando queste settimane?

 

Ciao a tutti e grazie dell'invito. Ultimamente passo il mio tempo principalmente tra Chamonix e Milano dove sto studiando Osteopatia.

 

 

Raccontaci qualcosa su di te: quando hai iniziato ad arrampicare e in quali falesie?

 

Sono una donna di mare nata a Venezia, cresciuta tra la laguna e le Dolomiti, dove è sbocciato il mio amore per la montagna. Lo sci è la mia più grande passione e ciò che mi ha fatto esplorare tante montagne in giro per il mondo. Ho scoperto l'arrampicata più tardi, verso i vent'anni ed ho fatto il mio primo tiro su roccia in Sardegna; il secondo giorno ero in cima alla mia prima via! L'ho sempre praticata in modo ludico, incentrando la mia professione più sull'alta quota.

 

 

 

 

Hai sempre accettato la parte legata “al volo” in arrampicata, oppure hai dovuto “lavorarci su”?

 

Sono più le volte che non accetto di volare che quelle in cui mi lascio cadere tranquilla; volare mi fa sempre paura! La caduta nel vuoto è una situazione che istintivamente tutti vogliono evitare. Quando diventa parte del gioco, la si accetta e può anche diventare divertente (come lo skydive per esempio), ma è una situazione alla quale bisogna allenarsi per poterla accettare e vivere serenamente. In certe situazioni poi sono consapevole che non posso volare, specialmente nel mio lavoro, perciò mi devo comportare di conseguenza. Accettare certi rischi fa parte del mio mestiere.

 

 

Esiste un allenamento per riuscire a cadere serenamente, senza ritrovarci ad esitare all'infinito prima di lasciarci andare?

 

Per allenarsi al volo e diminuire la paura di cadere bisogna prima di tutto riconoscerla, accettarla e con la giusta motivazione mettersi in gioco. Solo così possiamo allenarci a cadere.

 

 

Quanto può migliorare la nostra arrampicata lavorando sugli aspetti mentali?

 

L'arrampicata secondo me è per un terzo tecnica, per un terzo forza e flessibilità,  per un terzo mentale.  Direi che la parte mentale è fondamentale, e se manca quella non scaliamo al massimo del nostro potenziale.

 

 

 

 

Quale ruolo può avere, secondo te, nella gestione della paura di cadere una maggiore fiducia sui materiali che utilizziamo in arrampicata, fiducia che possiamo acquisire approfondendone le caratteristiche tecniche?

 

La fiducia nei materiali è basilare. Dobbiamo avere piena fiducia, non dubitare minimamente della loro sicurezza se usati e tenuti correttamente. Sarebbe controproducente mettersi un ulteriore peso psicologico oltre a tutto quello che già ci mette la scalata di suo. 

 

 

Per quanto riguarda invece nodi e tecniche, a tutti noi è successo di controllare e ricontrollare il nodo ad otto per poi pensare "speriamo che tenga" quando ci troviamo in difficoltà. Tu segui una routine che ti dispensi poi dal dubitare di aver fatto tutto correttamente nel momento meno opportuno?


 
Per quanto riguarda il materiale io controllo sempre lo stato di volta in volta e cerco di scalare con corde non troppo usate o comunque tenute bene. L'imbrago, idem va tenuto bene, e il nodo, qualsiasi si scelga di fare per legarsi, va controllato prima di partire; poi personalmente non ci penso più sia che mi trovi in difficoltà o no. La routine del "controllo doppio" arrampicatore e assicuratore per verificare nodo (e rinvii se in falesia) da un lato e assicuratore e corda dall'altra è una buona routine di sicurezza da fare vicendevolmente alla base di ogni singolo tiro. A volte sembra un po' ridondante ma spesso gli incidenti peggiori accadono proprio nelle situazioni più di comfort e routine. 

 

 

Molte volte la paura di cadere non è legata al passaggio specifico della via ma al contesto, ad una falesia particolarmente esposta o che magari non è la nostra “di casa”. Come si può superare una paura di questo tipo?

 

Secondo me la paura di cadere è molto legata ad aspetti semplici da definire. 

 

La vista è  il senso che più ci condiziona. Quando ci troviamo su un passaggio di quinto grado sopra un terrazzino o due metri sopra l'ultima protezione fa sicuramente più paura di un passo di 7c dove la parete è strapiombante e le protezioni vicine. Anche camminare su un sentiero esposto può evocare paura: una cengia vertiginosa senza però vedere sotto perché nelle nuvole o con la visuale a un chilometro cambia. Quindi la paura non è solo legata al gesto tecnico o alla difficoltà oggettiva. Per abituarsi al vuoto bisogna farlo gradualmente e mettersi nelle situazioni di volta in volta. Appendersi nel vuoto, fare delle calate esposte, mettersi in sicurezza ma sull'orlo di un baratro un ponte o qualcosa di alto e osservare il vuoto è un buon allenamento. 

 

 

 

 

Quali sono le osservazioni più comuni che ti fanno a proposito della paura di cadere durante i workshop?

 

Spesso la paura o la voglia di superarla è legata ad un evento specifico.  Una caduta che si fa fatica a trattenere. Una caduta dove si sbatte una caviglia, una sensazione di "ghisa alle braccia" che annebbia il cervello. Queste sono situazioni tipiche che la gente si trova davanti e che non sa come affrontare.  Tutti però mi sembravano stimolati a guardare più in profondità il problema e ad affrontarlo. 

 

 

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