“La forza non è mai abbastanza e la resistenza è sempre troppo poca”, intervista a Dino Lagni

A vederli sembra volino, librandosi tra le prese in una parete strapiombante.

Banale? Può darsi, sembra un racconto già scritto.

Ma osservarli nella palestra dove mi trovo ora, a scrivere l’introduzione a questa intervista, è tutta un’altra storia.


 

Ciao Dino, pronto per l’intervista?

Prontissimo.

 


Le dita inarcate, chiazzate di bianco e solcate dai calli, segni di un costante allenamento e di una grande passione, tamburellano sul tavolo, come se fossero impazienti di tornare ad afferrare le prese.

 


Dino Lagni è tra i fondatori dell’ASD El Maneton di Schio, ma è anche molto di più.

Campione del Mondo Lead a Birmingham nel 1999, la prima volta per un italiano.

Primo nella prova iniziale della Coppa del Mondo di difficoltà a Chamonix nel 2000.

Campione italiano difficoltà nel 2001.

Vincitore del Master di Malè (Trento).

Tra i protagonisti nei racconti più avvincenti degli strapiombi di falesie come il Covolo ed Erto.

Tra le catene raggiunte in falesia ricordiamo Teroldego 8c, Natural Present 8c+ e Il fuggitivo 8b+ sulla parete di Narango.

 

 

In un’intervista ho letto dei tuoi dubbi sulla vittoria al Campionato del Mondo: “non sarà stata solo fortuna?”. Ora cosa ne pensi Dino, è stata solo fortuna?

Fortuna è partecipare alla gara giusta con la forma fisica giusta.

E in quel momento mi sentivo bene. Inoltre, un buon allenamento e un periodo senza infortuni possiamo definirla una sorte favorevole. E fortunatamente è stato così (sorride).

 


Come te lo ricordi l’allenamento per le gare, all’epoca?

Quel che sapevo essere davvero importante era allenarsi sui muri artificiali con prese in resina, che difficilmente si trovano sul naturale. Io, Davide e mia moglie Lisa, con altri amici che saltuariamente si aggiungevano, abbiamo costruito una parete per allenarci, perché avevamo bisogno di poterlo fare tutte le volte che era necessario: lavorando non avevamo la possibilità di spostarci durante la settimana.

 


Cos’è per te arrampicare?

L’arrampicata è un elemento molto importante nella mia vita. Mi ha permesso di conoscere persone speciali, come mia moglie Lisa. È un continuo stimolo, il ritmo della mia quotidianità.

Qualsiasi persona che scala, inoltre, ha un talento particolare: un movimento, ad esempio, oppure uno stile, una personalità. E questo è un altro aspetto che fa dell’arrampicata una continua scoperta.

Arrampicare mi dà entusiasmo, aiuta la mente, è una fonte inesauribile di obiettivi, dall’allenamento alla concentrazione, alla memoria.

Mi riempie d’orgoglio e di soddisfazione, sia per le mie sfide sia per quelle dei miei allievi e dei miei amici.

 


Com’è iniziata la tua avventura con l’arrampicata?

Ancora oggi, quando ci ripenso, scoppio a ridere. (Si mette una mano sugli occhi e sorride, quando la toglie, l’iride brilla) eravamo in centro a Schio e vidi il mio amico Andrea Pozzer tentare di scalare il muro del Duomo. ‘Cosa fai?’ gli chiesi, ‘scalo’ mi rispose semplicemente. Il giorno dopo iniziai ad arrampicare. Avevo 17 anni.


palestra arrampicata boulder el maneton schio

 

A proposito di passato: vorrei una tua considerazione su come si è evoluta l’arrampicata.

L’arrampicata è sempre stata in evoluzione. Quel che importa è reinventarsi, sempre. 

Un cambiamento che mi viene in mente è stato l’avvento degli svasi, ad esempio: alla mia epoca eravamo abituati soprattutto alle tacche. 

E ultimamente il boulder ha iniziato a influenzare le tracciature delle vie di difficoltà, creando itinerari spettacolari e complessi. 

Oggi, inoltre, gli arrampicatori hanno uno sviluppo più veloce, sopratutto per le maggiori possibilità di allenamento. Ma una dote che vale oggi come allora è la testa.

 


Cosa intendi per “testa”?

Allenamento, costanza, resistenza, voglia di andare avanti, sangue freddo, lucidità.

 


Lucidità. Ti chiedo allora cosa ti passa per la testa, quando ti trovi in falesia, sei a un passo dalla meta, ma senti che le braccia stanno per cederti e non sai se riuscirai a fare quel passaggio.

In continuità non hai tempo per pensare. Se invece trovi un riposo e vedi che hai un passaggio per arrivare alla meta, devi crederci, pensare positivo, nonostante tutto. Se tu ci credi, il corpo reagisce bene e prosegue con la tua mente. Anche questo modo di pensare e reagire può e deve essere allenato. 

E poi con la stanchezza ci convivi: se non hai le braccia “ghisate” (con il muscolo, avvelenato dall’acido lattico, in completa tensione dopo lo sforzo, ndr), vuol dire che ti stai solo scaldando (sorride).

 


Dino, come vedi il futuro dell’arrampicata?

L’arrampicata vivrà sempre, anche indipendentemente dalle gare: è lo sport più bello del mondo (sorride)! 

Nel 2020 è anche diventata disciplina olimpica e questo non può che far bene a tutto il movimento. Le competizioni, l’agonismo, i raduni sono un impulso al miglioramento, uno stimolo. E i giovani appassionati sono sempre di più: questa è un’altra bella soddisfazione.

 


Secondo te l’arrampicata è diventata una moda?

Anche se fosse una moda, io la vedo comunque in modo positivo. Se l’arrampicata è diventata davvero così famosa e attraente per grandi e piccoli, è utile per farla provare alle persone. Se qualcuno dovesse continuare ad arrampicare, significa che ama davvero farlo.


 

Per elevare le proprie prestazioni (non solo per le gare), quali sono i principali suggerimenti che ti senti di dare?

La costanza premia. Anche scalatori con livello base.

Con due allenamenti a settimana per un anno, ad esempio, si ottengono buoni risultati.

Ciò che è più importante tenere a mente è che un calo di prestazioni può avvenire in qualunque momento, a causa di stress, malumore, preoccupazioni personali o altro. È normale, e non ci si deve demoralizzare, ma proseguire.

Un altro avvertimento è allenarsi bene: variare i movimenti, fare riscaldamento e stretching. E ascoltare il corpo, senza avere fretta, rispettando i suoi tempi.

Avere la lucidità, inoltre, di identificare la propria carenza, come una mancanza di forza, lacune nella tecnica e altre, aiuta a migliorare sempre di più.

La nostra legge qui al Maneton è “la forza non è mai abbastanza e la resistenza è sempre troppo poca”. È un modo di dire goliardico, per non indurci a riposare sugli allori, ma cercare sempre il meglio di noi stessi. 

 


A proposito di allenamenti e weekend soleggiati in falesia: sacrifici, restrizioni e tempo libero limitato ti pesano a volte, o la passione vince su tutto?

Il tempo libero lo usi per scalare e se ami arrampicare, il problema è fermarti, non farlo nei momenti di relax (ride). Arrampicare mi diverte, mi carica: lo farei sempre, con tutto quello che comporta.


 

Confessa, Dino, cosa ti diverte mentre arrampichi?

Quando sono in forma, mi diverte tutto dell’arrampicata (sorride). Quando vedi i tuoi progressi, inoltre, la motivazione aumenta.

Qui ne approfitto per ricordare che la frustrazione è sempre in agguato: come dicevo prima, un calo è sempre possibile, ma dobbiamo tenere duro.  

 


Parliamo sempre di allenamento: quale per aumentare resistenza, forza ed equilibrio?

Per potenziare la forza, boulder e trave. Nel boulder la forza viene messa a disposizione del movimento ed è da preferire. La trave è ottima in aggiunta, per aumentare la forza fine a se stessa. Per incrementare la resistenza, il mio consiglio è fare molte vie e avere tanta buona volontà.

 


Ok, ultime due domande. La prima: vorrei conoscere il tiro che ti ha fatto sognare.

Il tiro che devo ancora fare (ride).

Un attimo dopo che concludi un tiro, pensi al prossimo. È sempre una corsa verso qualcosa di sfuggente. 

 


Possibile che non trovi almeno due minuti per goderti la soddisfazione?

Quando metti la corda in catena è un momento stupendo, tutto tuo e che poi condividi, spesso al bar (ride).

 


E va bene, ultima domanda. Se ti chiedessi di osservare le tue mani ora, cosa ci vedi?

Sulle mie mani? (Le guarda e dopo qualche secondo risponde) allenamento, vie e amici.

 


Grazie Dino, è stato un piacere.

Grazie a te!

 


E ora una domanda a me: com'è stato intervistare un pezzo di storia dell'arrampicata?

Be', un po' come guardare uno svaso su uno strapiombo, osservare una mano che osa appoggiarsi, trattenerlo, sostenere il corpo e spingerlo più in alto, per arrivare alla prossima presa.

 

dino lagni campione mondiale arrampicata 

Nella foto: Dino Lagni e Davide Zavagnin, presidente della palestra di arrampicata sportiva El Maneton di Schio.



31 luglio 2020