Cinque cose che devi sapere prima di passare dall’arrampicata in palestra all’outdoor

Le palestre di arrampicata che arricchiscono le nostre città di itinerari verticali e tanta felicità spesso sono il primo approccio per chi inizia ad arrampicare; quando però scatta l’entusiasmo per provare ad arrampicare su roccia, possono intervenire alcuni fattori che ci smorzano l'euforia.



5- Le prese non sono segnate. Sembra una cosa ovvia e anche banale da sottolineare ma il fatto che le prese non siano evidenti implica che molto spesso sia difficile anche solo decifrare la linea da seguire. Immaginiamoci di fronte ad un boulder con nessuna presa segnata, o anche moltissime prese segnate, un topò con svariate linee che salgono, girano e si interconnettono tra loro: individuare il passaggio che avevamo in mente di fare a volte non è così semplice, soprattutto se la lettura della roccia non è il nostro pane quotidiano (come succede a tutti nei primi anni di arrampicata). A volte può succedere anche in falesia, soprattutto su pareti molto fitte di vie ravvicinate e caratterizzate da prese poco intuibili.



4-  La roccia fa male alla pelle. A meno che tu non abbia scelto come primo approccio alla scalata outdoor la location da cinque stelle di Fontainebleau, ti renderai presto conto che la roccia fa maledettamente male alla pelle, taglia, “abrade”, si incastra con quel microgranellino di granito nel tuo polpastrello. Capirai immediatamente perché i boulderisti agognano il granito a grana fine, e molti falesisti il calcare a canne.



3- Le prese non sono quasi mai anti traumatiche. Se siamo abituati alla palestra a prova di infortunio con volumi tondi, movimenti mai di spalla e prese impossibili da arcuare, prepariamoci a fare i conti con la traumaticità intrinseca a questo sport una volta che ci troviamo sulla roccia. Tacche nettissime, monoditi, bloccaggi dove devi tirare come un disperato: l’arrampicata su roccia spesso è più da stringere e meno di salti e lanci di quanto possiamo immaginare arrivando da una palestra di boulder.


 

2- Fa freddo, fa caldo, piove, c’è vento. Arrampicare all’aria aperta è rigenerante, ti  porta in comunione con la natura, ti ricarica di energie positive: non sempre però c’è il clima perfetto della primavera. A meno che tu non possa fare molti chilometri per cercare di raggiungere sempre la meteo ideale, dovrai fare i conti con il microclima del tuo luogo di residenza: umidità, freddo e vento in inverno, umidità, caldo e afa in estate ti faranno tirare fuori la tua determinazione suprema ad arrampicare a tutti i costi.



1- I materassi non sono già posizionati. Stiamo ovviamente parlando dell’attività del bouldering che richiede, oltre al trasporto, un ottimo posizionamento dei materassi, un po’ di voglia di spostarli da un masso all’altro e l’accorgimento di non cadere con una tripla capriola come se fossimo in palestra. Se volessimo cercare un parallelismo con la falesia, potremmo dire che gli spit non sono tutti alla stessa distanza come nell'arrampicata indoor, e che qualche mezzo metro in più nella chiodatura ci darà quel po' di pepe per non mollare la presa per nessun motivo.

 

 

Naturalmente il consiglio generale per chi si appresta a trasformare sulla roccia il suo allenamento in palestra  è di andare ad arrampicare ben fornito di amici, se possibile con una discreta esperienza sia del posto che dell'arrampicata stessa. Quello che è a tutti gli effetti uno sport che sta coinvolgendo tantissimi giovani nella totale sicurezza dell'ambiente delle palestre, resta comunque uno sport potenzialmente pericoloso quando si pratica all'aria aperta.

 

 

 paola magni photo

Photo credits: paolamagni



23 gennaio 2019