Campi e Soranzo aprono nuove vie alpinistiche sul Monte Stivo

È fantastica da arrampicare. Non si fa trovare facilmente, ma l’avvicinamento è semplice e breve. Non è ad Arco, ma è lì vicino. Se cercate tiri di ottavo e nono, non fa per voi, ma se siete curiosi di provarla, ne vale la pena! È La Parete Due Sassi e si trova a 1100 metri sul Monte Stivo, sotto il Passo Santa Barbara, tra Ronzo-Chienis, in Val di Gresta, e Arco. E quando arrivate in cima, potete ammirare da lontano il Lago di Garda.

 

Abbiamo incontrato l’alpinista Diego Campi e Valerio Soranzo in provincia di Vicenza e ci siamo fatti raccontare come hanno trovato la parete, perché hanno deciso di aprire lì delle vie e anche qualche aneddoto. Ma chi sono Diego e Valerio?

 

Valerio Soranzo ha iniziato ad arrampicare a Lumignano, vicino a casa. “All’epoca c’erano pochi soldi”, racconta “e allora chiedevo l’attrezzatura in prestito. Mi sono appassionato a questo sport e così ho deciso di frequentare il corso roccia del CAI per imparare tecniche e manovre, ma anche per conoscere qualcuno con cui arrampicare. Poi ho incontrato Diego, con cui ho iniziato da circa 5 anni ad aprire vie in luoghi poco o mai frequentati”.

 

Anche Diego Campi ha iniziato ad arrampicare in falesia a Lumignano, ma un incontro si può dire che gli ha cambiato la vita: quando Renato Casarotto, che gli suggerì come superare un passaggio per concludere un tiro, gli chiese di affrontare con lui la prima via, Diego aveva 15 anni, una passione sfrenata per l’arrampicata e l’entusiasmo per accettare senza neanche pensarci. (Se vorrete saperne di più, non perdetevi il prossimo articolo: continuate a seguirci!)

 

Ma torniamo alle vie.

  

Valerio, quando avete aperto queste vie?

 

Nel 2018 e per circa due anni ci siamo dedicati all’apertura di queste vie, alternando diverse avventure. Il posto è fantastico e poco frequentato: vicino ad Arco, ma fuori dalla massa.

 

Come si raggiunge la parete?

 

Ci sono due accessi. Da Rovereto lasciate Mori sulla destra per proseguire lungo il tunnel che porta a Loppio. Alla rotatoria salite sulla destra lungo la Val di Gresta fino al passo Santa Barbara. Da lì scendete in direzione di Arco e arrivate dopo alcuni chilometri a un capitello, dove prendete la strada in salita a destra seguendo le indicazioni per malga Zanga. A un bivio prendete a sinistra la strada sterrata che scende per il segnavia numero 759. A Schivazappa seguite la strada a destra per il segnavia numero 669 e continuate fino a una sbarra che chiude l'accesso della strada forestale alle auto, dove qualche metro prima c'è la possibilità di parcheggiare su piccole piazzole laterali.
Il secondo accesso è da Arco, da dove vi dirigete verso Nago. Prima della salita entrate sulla sinistra a Bolognano e da qui verso il passo Santa Barbara fino al capitello, citato prima.

 

E l’avvicinamento?

 

Lasciata l’auto al parcheggio, percorrete la strada forestale per circa 15 minuti, al secondo muro di contenimento sulla destra, fatto di grosse pietre squadrate, seguite la traccia sulla sinistra che continua attraverso il bosco. Scendete seguendo i bolli rossi e gli ometti fino a costeggiare la base della parete e arrivate sotto l'evidente arcata da dove partono le vie dei tre pilastri.

 

Valerio, descrivici le vie di questa parete.

 

Sono vie alpinistiche, attrezzate a fix e chiodi. La chiodatura lunga e l’ambiente richiede esperienza, ma la roccia è ottima e il periodo ideale per arrampicare è in primavera, in autunno e in inverno, se non nevica. In estate è caldo, ma l’ambiente è rinfrescato dall’aria che arriva dal lago e dal bosco alla base della parete. I tiri vanno dal 5c al 7c in libera (gradi falesia).

 

Diego, quale via consigliereste a chi volesse provare una via alpinistica?

 

Sicuramente la via Montagna Viva: 6 tiri su 200 metri, 6a obbligatorio, 6c in libera. Questa è l’ultima via che abbiamo aperto al centro della grande parete, che si trova a destra dell’arcata.

 

Ci piacerebbe conoscerla meglio. Diego, ci sveli qualche dettaglio?

 

All’inizio è un susseguirsi di placche logiche e ben lavorate. I primi tre tiri presentano una difficoltà sostenuta: le prese e gli appoggi sulla placca verticale sono soprattutto formazioni a piccole gocce. Ci vuole forze e resistenza, soprattutto di dita, un buon equilibrio e ragionare bene su come muovere e appoggiare i piedi.


Lungo il terzo tiro c’è un piccolo tetto da superare: ci vuole una certa disinvoltura nel passarlo, perché la successione dei movimenti dev’essere abbastanza concatenata. La via è comunque azzerabile, la chiodatura è ottima (mista chiodi e fix) e in molte lunghezze di corda sono presenti clessidre con cordoni.

 

Passata la cengia, inizia la seconda parte della via, a destra dei tre pilastri, sulle placconate.
La via è ben protetta, ma è sempre buona norma portarsi qualche friend (magari dal piccolo al medio) per integrare, fettucce e cordini.

 

Soranzio Campi

 

Valerio, vogliamo che ci racconti un’altra via. Quale scegli?

 

Tallone d’Achille, perché l’ho dedicata a me stesso (sorride). L’abbiamo aperta dopo il mio stop di 10 mesi, dovuto alla rottura del mio tendine dopo un salto di 15 metri sulla via Sofia, sulle Coste dell’Anglone: ero da primo ed è saltato prima un cordone e poi il chiodo sotto. Ma torniamo alla nostra via: l’abbiamo aperta dal basso ed è la più semplice delle nove. Parte con rampe ascendenti verso destra, una parete appoggiata con rocce rotte che attraversa la placca. In questa via si arrampica su diedri e placche verticali. I gradi vanno dal terzo al quarto, con passaggi di quinto, quinto + e sesto.


Per arrivare a questa via dovete scendere dal luogo di arrivo, dove sono presenti le altre vie, seguendo i bolli rossi, e alcuni brevi e facili passaggi su roccette portano all'attacco in altri 10 minuti.

 

vista dal monte stivo parete due sassi

 

Domanda di rito: che scarpette utilizzate?

 

Valerio utilizza La Sportiva, soprattutto per la precisione, e Five Ten.
Anch’io utilizzo La Sportiva: il modello con i lacci e con forma arcuata per aumentare la precisione. Preferisco il modello con la chiusura in velcro e suola dritta per affrontare le placche, che richiedono spesso di proseguire in aderenza.

 

Non vediamo l’ora di provare queste vie!
Ma l’intervista non finisce: si trasforma in una storia fatta di ricordi. Quelli di Diego, che ci racconta le avventure con Renato Casarotto e la sua lettura dell’alpinismo, di ieri e di oggi.

 

Al prossimo articolo!