Sei inattaccabili postulati pseudoscientifici applicati all’arrampicata

Newton già la sapeva lunga su quel momento in cui ci troviamo bloccati nell'incertezza tra l'andare avanti verso il prossimo e lontanissimo spit o restare per sempre dove ci troviamo. Le leggi della fisica e delle probabilità parlano chiaro: tutto ciò che accade [in falesia] è determinato dalle forze che governano l'universo. Ecco sei postulati pseudoscientifici o scientifici applicati all'arrampicata.

 

 

6- Prima legge di Newton: “un corpo non soggetto a forze o soggetto a forze la cui risultante è nulla, permane nel suo stato di quiete [...]”. Se ci troviamo in quel limbo in cui abbiamo appena superato l’ultimo rinvio con i piedi ma non abbiamo abbastanza ardimento per proseguire oltre, potremmo rimanere fermi nel nostro stato di quiete finché la ghisa non sopraggiunga ad imprimere un movimento involontario (di apertura) alle nostre mani. Meglio per tutti procedere, farsi tenere, tentare, indietreggiare, qualsiasi cosa pur di rompere questo piccolo attimo di eternità.

 

 

5- Primo postulato di Euclide: “per due punti distinti del piano passa una ed una sola retta”. Qualche chiodatore con molta esperienza potrebbe avere da discutere con Euclide in merito alla “forzatura delle linee”. L’arrampicatore, da sempre amante della libertà d’espressione e di movimento, preferisce scegliere la sua personale linea, molto spesso arzigogolata, per spostarsi da rinvio a rinvio. Ad ogni modo questo è l’approccio che tutti abbiamo avuto nelle nostre prime esperienze di lead climbing, forti anche dell’altro postulato per cui: “la via dritta ha meno movimenti prima del prossimo rinvio”.

 

 

4- Primo principio della termodinamica: “L'energia non si crea né si distrugge, ma si trasforma, passando da una forma a un'altra”. Quando lancio una scarpetta contro ad una parete, trasformo l’energia cinetica in forza d’impatto che a sua volta va a danneggiare la costosissima suola in Vibram XS Grip 2 di cui è equipaggiata. Meglio applicare quella forza di pari intensità a stringere triplamente la tacca al giro successivo.

 

 

3- Legge di Gumperson: “La probabilità che qualcosa accada è inversamente proporzionale alla sua desiderabilità”. Hai presente quando, fissando verso l’alto la spianata dei rinvii in placca che ti attende, dici tra te e te: “Ma sì, ma provo, sono qui più che altro per passare una giornata all’aria aperta”. E' l’applicazione inconscia della sacrosantissima legge di Gumperson: non importa se tu hai aumentato il carico che sollevi in una trazione massimale in lunghi mesi di allenamento al trave. Una giusta dose di distacco zen ti può dare la pace interiore necessaria a dominare le emozioni turbolente che ti invadono man mano che sali nella via.  

 

 

2- Legge di Murphy: “Se qualcosa può andare male, sicuramente lo farà”. Non sosteneva proprio questo l’ingegnere americano che ha pronunciato questo principio, ma fatto è che sia diventato uno dei motti preferiti dell’arrampicatore, o dell’arrampicatrice, che si accinge a provare la via. Stranamente ostacolata dalle scuole di pensiero che avallano la mindfulness e la ricognizione psicomotoria della via, sembra che, detta ripetutamente tra sé e sé, non aiuti a superare i passi chiave che già ci hanno respinto.

 

 

1- Postulato di Boling: “Se sei di buonumore, non preoccuparti. Ti passerà”. Forse collega di Murphy, anche Boling aveva molta dimestichezza con le giornate nere dei climber, per i quali vale una legge del tutto nuova:”E’ quando inizi male una giornata, che spesso ti porti a casa la via”.