La montagna secondo Andrea Oberbacher: esperienze e riflessioni

Andrea Oberbacher è una guida alpina dell’Alta Badia e l’abbiamo già trovato in un nostro precedente articolo, in cui abbiamo trattato della via Lifestyle alla Torre del LagoGià, perché sono stati Andrea Oberbacher e Simon Gietl ad aprirla.

 

 

andrea oberbacher



Qualche giorno fa abbiamo intervistato Andrea, che ci ha parlato di Lifestyle, ma non solo.



Ciao Andrea. Inizio subito con Lifestyle: ci sono ancora poche informazioni su questa via dolomitica, ne approfitto per chiederle a te.

 

È una via alpinistica da eseguire in trad, i chiodi battuti sono rimasti in loco, sia sul tiro più difficile (quello tra l’ottavo e il nono grado) sia sulle soste. Lungo tutta la via gli arrampicatori devono integrare con protezioni veloci sui tiri e sulle soste.



È una via alpinistica adatta a tutti?

 

No, chi affronta questa via deve essere un alpinista esperto. Il tiro più difficile non è azzerabile e l’arrampicata è in continuità.



Ci sveli qualche particolare di questa via?

 

Il tiro chiave è molto strapiombante. La roccia è piuttosto rotta: per pulirla, infatti, ci abbiamo impiegato un bel po’ di tempo. La difficoltà della via, comunque, non è tanto l’affrontarla con protezioni fisse molto ridotte, ma sono soprattutto alcune parti strapiombanti e la necessaria continuità.



“Lifestyle”: perché?


È stato Simon a proporre il nome della via. Mi ha detto che il posto e l’ambiente, dove lui si sente a casa, l’hanno ispirato.



Come hai conosciuto Simon?

 

Conosco Simon da circa sei anni: mi ha contattato per andare ad arrampicare con lui. Siamo andati a provare alcuni tiri che voleva liberare e da lì è subito nata l’intesa, un elemento fondamentale. Con lui non c’è mai da discutere su cosa fare o dove andare: siamo già d’accordo ancora prima di decidere.



Quali sono gli elementi essenziali che una buona cordata deve avere, per sfidare la sorte in montagna?

 

La complicità, l’intesa. Capire il proprio compagno, saper leggere i suoi movimenti e magari anche il suo sguardo: tutto questo è essenziale per l’armonia, ma soprattutto per scalare senza difficoltà, dovute a eventuali incomprensioni, e in sicurezza.


Ho avuto anche la possibilità di aprire vie con Christoph Hainz (alpinista, guida alpina, istruttore di guide alpine, ha scalato oltre 2mila vie) e mi sono trovato sempre molto bene, come con Simon, per gli stessi motivi.



Quali sono le montagne che ami di più?

 

Dolomiti.



Perché?


Innanzitutto perché sono nato qui, tra le Dolomiti, e vivo qui. Poi per il tipo di roccia e infine per il loro fascino: pareti verticali con colori che cambiano continuamente. Il motivo è l’insieme di tutti questi particolari.



La via che hai aperto e che hai amato di più.

 

Ricordo volentieri Stigmata, sul Sass de la Crusc nelle Dolomiti, che Simon e io abbiamo aperto in quattro giorni nell'agosto 2016 e liberato nel luglio 2017, una via che arriva al X-. Oltre alla via che Christoph Hainz e io abbiamo dedicato a Friedl Mutschlechner e Karl Grossrubatscher.


La montagna, il modo con cui sono state aperte le vie, la compagnia: sono tutti questi aspetti a rendere piacevoli e indimenticabili le esperienze.



Qual è la via che hai arrampicato più volentieri?

 

Ce ne sono parecchie, troppe! (sorride)



Cos’è la paura quando arrampichi?

 

La paura secondo me è fondamentale per avere più sicurezza, perché quando non c’è più, il rischio che puoi correre è troppo grande.



Chi o cosa ti ha fatto innamorare dell’arrampicata?

 

Da quando sono diventato maggiorenne e quindi indipendente ho iniziato a imparare ad arrampicare. Ho superato l’esame per diventare guida alpina e poi ho conosciuto tanti scalatori e alpinisti molto bravi, con cui ho avuto la fortuna di arrampicare.



Chi è stato il tuo alpinista modello?

 

Friedl Mutschlechner (grande alpinista, compagno di spedizioni anche di Reinhold Messner e morto nel 1991, sul Manaslu, colpito da un fulmine) è stato un esempio per me, oltre che mio istruttore, da cui ho imparato tanto.



Cosa vorresti dire ai giovani che si approcciano e praticano l’arrampicata?

 

È uno sport che deve essere fatto con la testa: non devono mancare attenzione, consapevolezza, rigore. Un altro aspetto da ricordare è la differenza tra montagna e falesia. Quest’ultima è più protetta e sicura. In montagna, invece, la roccia può essere più instabile e in molte vie è necessario proteggersi.


Quello che però voglio ricordare a tutti, giovani e adulti, è di portare rispetto per la montagna e non dare mai nulla per scontato in parete.



Cosa non deve mai mancare nella mente di ogni scalatore, secondo te?

 

Tranquillità, pazienza e concentrazione.



Andrea ha aperto e scalato vie alpinistiche di elevate difficoltà, ha arrampicato con grandi nomi dell’alpinismo e al telefono dopo cinque minuti mi è sembrato di conoscerlo da sempre: è stata simile a una chiacchierata di fronte a una birra.



I veri e grandi alpinisti sono così: esempi di umiltà, passione, rispetto verso la montagna, un modello per le nuove generazioni di arrampicatori.



Grazie Andrea.


andrea oberbacher guida alpina e alpinista


18 agosto 2020